IL BLOG DI TATIYAK

Il kayak è diventato la nostra grande passione, quella che ci appaga al punto da abbandonare tutte le altre per dedicarci quasi esclusivamente alla navigazione.
In kayak solchiamo mari, silenzi, orizzonti ed incontriamo nuovi amici in ogni dove...
Così abbiamo scoperto che la terra vista dal mare... è molto più bella!
Tatiana e Mauro

Le nostre pagine Facebook: Tatiana Cappucci - Mauro Ferro
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17 agosto 2021

Sud Italia Kayak Tour 2021: il diario da Amantea a Taureana...

Venerdì 13 agosto 2021 – 27° giorno di viaggio
Amantea – aeroporto di Lamezia Terme: 27 km
Soleggiato – leggera brezza con qualche ochetta

E’ stata la notte più bagnata di sempre!
L’umidità ha impregnato tutto, tenda e sacchi a pelo compresi, impastando nel tutto anche la cenere dei sempiterni incendi calabri.
Lasciamo le tende ad asciugare al sole e ripariamo nel vicino stabilimento balneare per una seconda colazione al bar, approfittando della connessione per la pubblicazione del diario di viaggio.

Torniamo giusto in tempo per rincorrere la tenda ultra leggera di Claudia che orami asciutta vola sulla spiaggia per andare a scoprire nuovi lidi: un signore gentile le corre dietro e ce la consegna con attenzione quando arriviamo trafelate a ringraziarlo.

La brezza decisa che ha sollevato la tendina rossa ha anche imbiancato il mare di ochette frequenti che rendono la navigazione facile e veloce. Superiamo in un baleno il porto n°41 del viaggio che si chiama Porto Turistico di Amantea anche se è stato costruito nel comune limitrofo di Campora San Giovanni. Quando il gps segna dieci chilometri sbarchiamo per il pranzo in una spiaggia deserta di quelle che ci piacciono tanto. I ciottolini policromi sono infuocati e ricorriamo al nostro magico amico telo per creare un po’ d’ombra salvifica. 

Riprendiamo a pagaiare con buona lena e arriviamo in fretta e furia al faro bianco e squadrato del Capo di Lamezia Terme: l’acqua sinora turchina e trasparente si ricopre di strane bollicine verdi ma sotto la superficie si riuniscono decine di meduse violacee, le Rizhostoma Pulmo a cui sono molto affezionata. Le guardiamo, le tocchiamo, le spostiamo. Finchè non ci distrae un nugolo di coloratissimi kite-surf che sfrecciano in tutte le direzioni: cerchiamo di capire quale possa essere la migliore strategia per attraversare il loro campo di gioco, perché si destreggiano tra pescatori e pedane galleggianti ricolme di bagnanti. Invece il vento cala all’improvviso proprio quando stiamo per passare tra le loro vele ed in un attimo tutti i kit si ammarano e vengono recuperati ognuno da un diverso gommoncino a motore.

La costa è molto più bassa, con una grande vallata aperta sul mare che si protende nell’entroterra, e le montagne si scorgono solo in lontananza, mentre le colline più vicine sono ricoperte di vigneti e uliveti. La lunga spiaggia di sabbia è incorniciata da un’altrettanto lunga pineta: non ci sono più neanche le case costruite sul mare. Esultiamo.

Lo sbarco è semplice e veloce, come la pagaiata della giornata.
Siamo da soli e alle sette di sera è già tutto pronto, tende e cene.
Il sole tramonta proprio davanti a noi, facendo arrossire tutto il cielo sopra ai nostri kayak, mentre la luna sorge subito dopo ed illumina il mare ora tranquillo e silenzioso. La risacca è coperta dai pigolii di alcuni uccelli limicoli ritardatari e dal gracchiare dimesso delle rane che popolano lo stagno alle nostre spalle. Siamo sbarcati nel centro esatto delle piste di decollo ed atterraggio dell’aeroporto di Lamezia Terme (anche questo costruito in un comune limitrofo) e dei giganteschi uccelli di metallo occupano il cielo fino all’imbrunire, ma poi anche loro sembrano ritirarsi a dormire…

Sabato 14 agosto 2021 – 28° giorno di viaggio
Aeroporto di Lamezia Terme – Pizzo Calabro: 23 km
Sereno e caldo – mare calmo e calma di vento

Ci svegliamo alle sette e dopo due minuti sono già le otto!
Il sole infuoca le tende e la sabbia e siamo pronti in un paio d’ore, prima del nostro solito, concedendoci anche il giusto tempo per controllare ancora il gavone di poppa di Giallina, il kayak di Claudia che misteriosamente continua ad imbarcare acqua nonostante le reiterate riparazioni.

I primi tre aerei che si alzano in volo dall’aeroporto di Lamezia Terme sono giusto tre canadair: vediamo i primi comignoli di fumo bianco sulle basse colline dell’entroterra e sembra proprio che in questo periodo gli incendi ci stiano augurando il buon giorno, il buon pranzo e la buona sera. E’ uno stillicidio continuo!

Quella che costeggiamo stamattina è una lunga spiaggia di sabbia chiara che occupa l’intero golfo di Lamezia e che si estende per oltre venti chilometri. E’ tutta spiaggia libera, con interi tratti deserti e con pochi bagni organizzati, con pochi ombrelloni e pochi bagnanti. Ci deve essere una strada che corre tra la spiaggia profonda e la pineta retrostante ma noi scorgiamo solo i lampioni che, in corrispondenza di un raro agglomerato di case-vacanze, assumono la strana forma di funghetti a due braccia (suggerisce poeticamente Claudia, mentre a me ricordano l’osso di pollo che si spezza per esprimere i desideri).

Giusto a metà del lungo litorale sabbioso hanno costruito e poi abbandonato un pontile in ferro cavo e cemento armato, che ora mostra al mare i suoi piloni arrugginiti in diversi punti sprofondati sott’acqua. Ci chiediamo perché non ci sia l’obbligo di smantellare queste imponenti strutture: la facile risposta dei costi ingenti dovrebbe tenere conto anche della tutele del territorio del Bel Paese.

Le meduse galleggiano tutt’intorno ai nostri kayak, in assembramenti sempre più numerosi man mano che ci spostiamo verso sud. I vari fiumi che entrano in mare non modificano la temperatura dell’acqua, che continua a crescere sensibilmente e visibilmente: capiamo che la schiumetta verde acido già incrociata ieri sul capo altro non è se non mucillagine! Le ondine che placide raggiungono la riva sono di un verde brillante che stride con gli azzurri graduati delle acque più profonde.

Il gestore del ristorante in cui facciamo una delle nostre meritate pause pranzo è particolarmente simpatico e loquace e ci spiega che l’acqua diventa verde solo quando fa davvero molto caldo: in luglio non si vede, in agosto è una costante. Noi facciamo naufragare i nostri buoni propositi di viaggio nel sughetto gustoso di uno spaghetto allo scoglio, che Mauro pregusta da giorni e che ci viene servito con un carnoso peperoncino calabrese di guarnizione.

Riusciamo a riprendere la navigazione solo dopo le quattro del pomeriggio e solo a costo di grandi fatiche: nella straordinaria calura estiva che anche oggi rende l’aria ferma e bollente, la digestione stenta ad arrivare e manca poca che ci addormentiamo tutti e tre sulle pagaie.

La costa ci offre poche distrazioni perché continua la spiaggia bassa e la pineta verdeggiante: l’unica nota degna di rilievo sembra essere la condivisa abitudine dei bagnanti di andar via tenendo in spalla l’ombrellone ancora aperto.
Dobbiamo raggiungere Pizzo Calabro per ammirare da lontano i grandi palazzoni delle parte nuova e le alte campate dell’autostrada che incombono sulla cittadina. Come sempre, il centro storico arroccato sulle scogliere strapiombanti davanti al mare è molto bello e molto caratteristico, con bei terrazzi fioriti ed aperti sul blu profondo.

Ci accostiamo alla massicciata che protegge una prima spiaggia ancora troppo affollata e, mentre sale il fumo di un nuovo incendio alle porte del paese, entriamo lenti lenti nella seconda caletta, la Spiaggia degli Dei. Anche questa, come la precedente e la successiva, è protetta da una barriera frangiflutti e ha un fondale misto di pietre e materiali di risulta di lavori edili, tra i quali prevalgono forati rossastri. Troviamo un piccolo varco tra gli ultimi ombrelloni ancora aperti e due gentilissimi signori del posto ci aiutano a tirare in secca i kayak mentre ci raccontano della loro vita, di essere nati a Pizzo e di avere vissuto a Genova, di essere stati imbarcati per tutta la vita, come prima di loro il loro padre, su navi commerciali e da crociera (del resto, signora mia, qui non c’è lavoro e bisogna andare fuori perchè, signora mia, l’Italia ormai è un paese perduto dove tutto brucia!).

Il sole tramonta in un tripudio di colori.
Parliamo qualche minuto con due ragazzi che a piedi hanno fatto la Calabria coast-to-coast e che pure hanno dovuto riparare in un ostello perché l’ultima notte l’incendio era a poche centinaia di metri dalle loro tende. Claudia scambia qualche parola anche con una simpatica coppia di motociclisti arrivati dalla Campania e che come noi ha montato la tenda sulla sabbia. Ad un certo punto, quando ormai la spiaggia si è liberata di bagnanti e bambini, si accomoda davanti alle nostre tende un coro di oltre venti elementi tra bassi, soprani e contralti, per le prove generali di un concerto di musica sacra. Che vanno avanti per due ore buone, fino alle ventitré, con un intermezzo di festeggiamenti con torta e spumante, offerto anche a noi.
L’unica nota stonata è l’odore acre di fogna che aleggia sugli astanti. 

Domenica 15 agosto 2021 – 29° giorno di viaggio
Pizzo Calabro – Tropea: 24 km
Caldo e umido – leggera brezza rinfrescante

Il gestore del chiosco della Spiaggia degli Dei di Pizzo Calabro è il più antipatico del Mediterraneo. Non risponde ai saluti di buongiorno se non dopo aver borbottato un intelligibile “qui si lavora, buongiorno un corno!” e parla male di tutto lo scibile umano, dalle donne all’inquinamento ai turisti. Non sembra neanche conterraneo del ristoratore di ieri a pranzo, a riprova che non sono i posti a forgiare le persone ma le persone a fare belli i posti! 

Prendiamo solo una crema caffè perché è ormai di rito, scambiamo i saluti con la coppia di motociclisti e prendiamo il mare all’alba delle undici.
Oggi invece di costeggiare tagliamo al largo perché abbiamo deciso che è il viaggio delle oloturie di mare, un viaggio che come pochi altri ci sta mettendo di fronte agli obbrobri, alle storture e alle grettezze della costa italiana e dei suoi abitanti.

Puntiamo decisi verso il capo di Briatico, a dieci chilometri buoni dal punto di imbarco, tagliando al largo il porto di Vibo Valentia con le sue cisterne di idrocarburi e con il suo attiguo cementificio. Ci circondano una miriade di motoscafi di diverse dimensioni e velocità di crociera che vanno tutti nella nostra stessa direzione. Sotto il paese adocchiamo una caletta ricolma di gozzi colorati tirati in secca ed issati su possenti legni di alaggio: la linea di chiglia è costituita da due longheroni arcuati che fanno da basamento senza bisogno di altri puntelli. Sono bellissimi. Sbarchiamo per ammirarli meglio e notiamo che tra uno e l’altro sono stati tirati teli ombreggianti per il pranzo di ferragosto di vari famiglie di pescatori. Anche noi approfittiamo dell’ombra del gozzo più grande per la nostra pausa pranzo e per il mio pisolino di ordinanza. Poi Mauro scopre che nelle vicinanze c’è un baretto e finiamo col bere birra e granita di mandorle.

La torre accanto alla spiaggia è mirabile: la targa recita “Torre Barbaresca con basamento risalente al IV secolo a.C.” e noi restiamo a lungo a studiare la sezione interna, perfettamente visibile perché in gran parte la torre è crollata: due piani a base ottagonale con le volte interne ancora integre ed intonacate e con una pietra di colore dorato che ha certamente alimentato anche la spiaggetta della nostra sosta.

Riprendiamo con calma la navigazione nel pomeriggio afoso e placido, puntando contro sole verso il promontorio di Tropea. Per la prima volta pagaiamo in un giardino di roccia, tra due scogli degni di questo nome, sotto una scogliera di granito scuro che inizia a farci sperare che forse, in fin dei conti, non è poi un viaggio di oloturie.

E’ pieno di quei motoscafi che al mattino uscivano dal porto e che sarà tutto il giorno che sono ancorati uno accanto all’altro sopra dei bellissimi fondali di massoni giganteschi e levigati che si tingono di tonalità verdi ed azzurre.

Sbarchiamo in una spiaggetta superaffollata contando sul fatto che al calar del sole se ne andranno tutti. Non pensiamo però di dover fare i conti con tre ragazzi milanesi che si mettono a palleggiare proprio accanto ai nostri kayak appena tirati in secca, riempiendo subito di sabbia i nostri pozzetti. Al mio deciso “a ragazzì, ve lo buco ‘sto pallone” si scusano, si avvicinano e si informano sul nostro viaggio. La cosa che mi sorprende sempre è che tutti sappiano dove si trova Latina: “Ma davvero arrivate in kayak da Latina?”

Il sole tramonta dietro una fitta schiera di mega-yacth all’ancora di fronte al porto di Tropea, e per un momento si intravede la sagoma dell’Isola di Stromboli, da cui anni fa avevamo completato una indimenticabile traversata in kayak.
Mentre ceniamo iniziano degli spettacolari fuochi d’artificio sul mare che durano il tempo di farci restare a bocca aperta, soprattutto perché si ripetono sempre più vicini per altre due volte!

Lunedì 16 agosto 2021 – 30° giorno di viaggio
Tropea – Capo Vaticano: 12 km
Caldo – mare calmo

Al risveglio abbiamo una sorpresa!
La coppia di motociclisti incontrati a Pizzo Calabro si è accampata nella caletta oltre la nostra e i due nuovi amici vengono sorridenti a portarci un caffè caldo in tazza! Arriva però presto il momento dei saluti perché la spiaggia si affolla in poco tempo: prima che piantino un ombrellone anche al posto della mia girandola, cerchiamo un varco per raggiungere il mare e riprendiamo a pagaiare.

Oggi dovremmo costeggiare uno dei tratti più belli della costa tirrenica della Calabria. Non siamo molto convinti, perché già Tropea, la perla della Costa degli Dei, si annuncia dal mare come un susseguirsi di stabilimenti e minestrina (la minestrina di Mafalda, avete presente?). Non sarebbe neanche per gli stabilimenti, uguali agli altri millemila già incontrati in viaggio, con le file di ombrelloni ordinati ad occupare tutto la spiaggia fino al mare. E’ che nella Costa degli Dei, per creare spazio, hanno poggiato sulla sabbia degli enormi cubi di cemento per costruire, non vista mare ma proprio SUL mare, campeggi con piazzole per camper, ristoranti con piscina e qualche villetta nascosta nel verde. E per scendere al mare si notano una serie di strade e stradine, asfaltate o sterrate, che serpeggiano nei canaloni aperti tra una scogliera e l’altra. 

La costa è bella, con queste alte pareti di tufo, dorate e striate, con qualche grotta sugli speroni più pronunciati, con un paio di faraglioni niente male, con una serie interessante di scogli di granito che assumono forme intriganti e fantasiose.
Ma la colata di cemento ci rovina l’umore.
Abbiamo deliberato che questo è proprio il viaggio delle oloturie!

Quando raggiungiamo Capo Vaticano ci sembra di entrare in un’oasi di pace. Le spiaggette di sabbia chiara incastonate tra le scogliere di granito sono sempre piene di minestrina, qui condotta da motoscafi o gommoni o pedalò o canoe gonfiabili o anche, giuro, un gigantesco coccodrillo che traina un fenicottero rosa. Però la concentrazione di testoline in acqua è diminuita e non facciamo fatica a trovare spazio sufficiente per noi ed i nostri kayak. 

Quella che doveva essere solo una sosta di un paio d’ore si trasforma presto in un pomeriggio di completo riposo: decidiamo subito di restare, di tornare al market del campeggio appena superato per fare qualche acquisto di generi alimentari, di immergerci per ore nell’acqua bassa e trasparente, di oziare al sole, di nuotare tra le rocce affioranti, di aspettare il tramonto.
Montiamo il campo sotto il faro di Capo Vaticano, che presto illumina la notte coi suoi quattro lampi bianchi.

Martedì 17 agosto 2021 – 31° giorno di viaggio
Capo Vaticano - Taureana: 30 km
Sereno variabile – vento da NW in rinforzo nel pomeriggio

Peccato che nel cuore della notte sia iniziata una festa con musica a tutto volume (Bamboleiro urlata in coro!) nel villaggio costruito in cima alla scarpata. Si raggiunge con una bella scalinata panoramica, ovviamente in cemento, scavata nella roccia e realizzata nella macchia e chiusa da ben due cancelli: solo gli ospiti possono aprirli, per scongiurare che gli estranei possano avventurarsi a scattare fotografie dall’alto, oppure a chiedere di abbassare il volume. Tutto sommato, però, al netto delle ripetute interruzioni per le feste notturne, qui dormiamo molto bene.

Riprendiamo la navigazione di buon’ora perché la caletta si riempie di pedalò sin dalle otto del mattino. Il primo bimbetto che si tuffa per nuotare tra gli scogli comincia ad urlare così forte per richiamare l’attenzione dei genitori, che rovina subito l’atmosfera placida del luogo.

Costeggiamo le altre calette di Capo Vaticano, ancora per qualche chilometro impreziosito di punte rocciose, grotte, archi naturali e passaggi segreti tra le scogliere di granito. Ci sorprende un po’ che le varie residenze costruite sulla cima abbiamo ognuna una scalinata che scende fino al mare, segnando la macchia mediterranea di cemento ed acciaio. La pensione Calispera, da cui si gode certamente un tramonto spettacolare, ha persino ricoperto la sua scalinata di una bella rete verde per garantire l’ombra ai suoi ospiti a qualunque ora del giorno.

E niente, il nostro umore peggiora.
Anche perché continuiamo ad avvistare incendi.
Non aggiorniamo il blog con le foto scattate dal kayak durante la navigazione perché non ci sono poi grandi meraviglie da fotografare! 

Salvo l’acqua, sempre di un verde smeraldo incredibile, anche sotto le colate di cemento della Costa degli Dei. Ed oltre, fino alle spiagge di sabbia chiara di Nicotera Marina, dove facciamo una sosta per il pranzo per ammirare dall’alto della duna i colori del mare, tutta una tavolozza di verdi e turchesi e blu da tenerci incollati gli occhi.

Poi è la volta del porto di Gioia Tauro, che staglia in lontananza le sue braccia meccaniche per il carico e scarico delle porta-container. Come osserva Claudia, non è bello ma è molto interessante. Ci affacciamo timidi sotto la luce rossa della sua imponente massicciata di "uncinapodi", come ribattezziamo gli strani tetrapodi di cemento armato a forma di unico che proteggono entrambe le braccia dell’ingresso del porto. La bocca è libera e solo di tanto in tanto entra una barchetta di pescatori per raggiungere il piccolo porto turistico ricavato in un’ansa del grande bacino portuale.
Attraversiamo indisturbati e tranquilli. 

Il lungomare prosegue tra foci maleodoranti, canneti e spiagge libere.
Alle 18.30 in punto sbarchiamo su quella più attraente: ci sono due tamerici che offrono riparo dal vento teso che si è alzato dal primo pomeriggio. E’ la terza giornata ventosa del viaggio. Lo sbarco è un po’ impegnativo ma ancora fattibile: è l’imbarco di domattina ad impensierirci, perchè se il vento non cala potrebbe diventare molto più faticoso spingere i kayak oltre il dumping che frange rumoroso sulla battigia. Speriamo che il vento cali durante la notte, secondo le previsioni. Rossella O’Hara ci ha insegnato che comunque domani è un altro giorno!

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