IL BLOG DI TATIYAK

Il kayak è diventato la nostra grande passione, quella che ci appaga al punto da abbandonare tutte le altre per dedicarci quasi esclusivamente alla navigazione.
In kayak solchiamo mari, silenzi, orizzonti ed incontriamo nuovi amici in ogni dove...
Così abbiamo scoperto che la terra vista dal mare... è molto più bella!
Tatiana e Mauro

Le nostre pagine Facebook: Tatiana Cappucci - Mauro Ferro
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13 agosto 2021

Sud Italia Kayak Tour 2021: il diario da Diamante ad Amantea...

Lunedì 9 agosto 2021 – 23° giorno di viaggio
Spiaggia a nord di Diamante – Cittadella del Capo: 20 km
Cielo coperto e tempo variabile – mare calmo e vento mutevole

Ci svegliamo alle prime luci del mattino.
Mentre facciamo colazione un signore gentile scende le scalette di una delle case sulla spiaggia e viene ad offrirci del caffè fumante. Non ci facciamo mancare una seconda colazione al vicino stabilimento balneare e stamattina alla crema di caffè aggiungiamo anche un tris di gelati al biscotto. Ce la prendiamo poi molto comoda, montando il nostro magico amico telo crea-ombra proprio tra i kayak, approfittando così del fresco per una serie di chiacchiere che si protraggono fino a mezzogiorno. Che inizio!

Quando siamo pronti all’imbarco lo stesso signore gentile del caffè del mattino torna a regalarci due bottiglie da due litri di acqua ghiacciata: perfetta per questa giornata afosa ed umida.
Un’altra giornata di incendi!
Dopo i tre di ieri lungo la costa a nord di Diamante, oggi ne divampa uno solo in una vallata presso il bel paesino di Belvedere Marittimo. Il canadair arriva solo nel pomeriggio, quando le fiamme hanno divorato le colline ed il boschetto che ricopriva la cima. Un fumo denso e nero offusca l’intero panorama, nascondendo alla vista dapprima le montagne retrostanti e poi anche la costa lungo la quale stiamo pagaiando: quando sbarchiamo, si stratifica nell’aria appena smossa da una leggera brezza di terra e ricopre anche il sole, già intimidito dalla spessa foschia dovuta all’umidità. E mentre consumiamo un pasto veloce seduti sulle scalette di una villetta vista mare piovono dal cielo cenere e faville. Che mestizia!

Ci consoliamo seguendo il volo acrobatico delle sterne artiche che pescano in picchiata proprio davanti alle prue dei nostri kayak, un paio di miglia oltre il paesino di Diamante. Sarà anche rinomato per i murales e per il lungomare vecchio, ma il tentativo all’apparenza abortito di costruire un porto sul versante meridionale ha drammaticamente compromesso la visuale dal mare perché la prima (ed unica) cosa che risalta è la muraglia di tre piani costruita tra l’acqua e le case del paese. Che peccato!

Questo tratto di costa è caratterizzata dalla linea ferroviaria che corre proprio sul mare: di tanto in tanto riusciamo anche a leggere i nomi delle stazioni. Come sempre, per proteggere la strada ferrata sono stati disseminati ovunque massi squadrati accatastati anche in doppia fila, dove serviva proteggere le villette costruite tra la ferrovia e la spiaggia. Di spiaggia ne è rimasta ben poca, a dire il vero, e scorgiamo delle irrisorie mezze lunghe di sabbia chiara solo nei punti in cui sono state create delle barriere frangiflutti per smorzare il moto ondoso. Che storture!

Per distrarci dagli incendi e dagli obbrobri, Claudia ed io decidiamo di calare le lenze. L’unico che, senza lenza, tira su qualcosa è Mauro: un secchiello verde per i vermi ed una busta di plastica per le cozze. Nel mentre sale a bordo anche Dino, una bellissima formina gialla a forma di dinosauro. Per un po’ piove, ma è solo una nuvoletta di passaggio, e per un po’ si alza una brezza contraria leggera ma sufficiente a far scendere la nostra velocità di crociera ad appena due chilometri orari.

Visto che non ci sono molte altre distrazioni, iniziamo a contare le carrozze dei treni e scopriamo che qui in Calabria corrono in entrambe le direzione dei curiosi tre-treni grigi con un solo vagone e due locomotori in testa ed in coda. Passano anche dei tetra-treni, esa-treni, epta-treni e persino dei dodeca-treni. Ma i più comuni restano i nona-treni. Salvo poi i treni notturni che sono quasi tutti treni merci e sono lungherrimi. Che roba!

Sotto il piccolo promontorio roccioso di Cittadella del Capo scorgiamo la spiaggetta dei nostri sogni, aperta sul mare e sul tramonto, protetta da una scogliera rocciosa multicolore che domattina ritarderà l’arrivo del sole, e soprattutto semi-deserta: c’è solo una coppia di ragazzi che si vede all’improvviso circondata da tre kayak giunti dal mare.

Prima che il sole sprofondi dietro la coltre di umidità abbiamo tutto il tempo per giocare coi ciottolini maculati della riva, per asciugare le sacche bagnate nel gavone di poppa di Claudia, che imbarca acqua da un paio di giorni, per scrivere il diario di viaggio, per cucinare una cena prelibata e per edificare il nostro campo per la notte sotto una falce di luna bianchissima che appare e subito scompare. Che meraviglia!

Martedì 10 agosto 2021 – 24° giorno di viaggio
Cittadella del Capo – Paola: 24 km
Sole infuocato – mare piatto

La notte è stata per me alquanto tribolata.
Col raffreddore che mi perseguita ho più fame del solito. Mi sveglio alle due del mattino e mi preparo una doppia panzanella con olive nere e acciughe sott’olio. Non soddisfatta cerco nel gavone altre prelibatezze ed in breve arrivo a dare fondo alla cambusa.

Sin dal mattino fa un caldo africano. Si preannuncia un’altra giornata afosa e umida. Meno male che la spiaggetta dei nostri sogni resta in ombra fin quasi alla dieci. I primi bagnanti sono molto curiosi e ci fanno domande su pannelli solari, medie giornaliere, peso e volume dei kayak proprio mentre ci stiamo per imbarcare. Salutiamo e scompariamo dietro il capo.

Il paesino di Cetraro si preannuncia con un assurdo e forse abbandonato ascensore nella roccia che dalla strada panoramica conduce all’unica spiaggetta incassata tra gli scogli. Il porto ha una diga foranea imponente ed un ingresso completamente ostruito dalla sabbia, tanto da essersi formata una larga spiaggia sulla quale avremmo potuto tranquillamente trascorrere la notte. Il resto del paese visibile dal mare non stimola oltre la nostra attenzione, perché la sequenza di case abbarbicate sulla spiaggia mette più tristezza che altro.

Costeggiamo perché non abbiamo alternative.
Ad un tratto scorgiamo l’insegna arcuata di una trattoria e sbarchiamo nelle vicinanze. Il paese si chiama Intavolata ed il nome lascia presagire un bel pranzetto a tavola. Il tempo di cambiarci e di infilarci i sandali, perché la sabbia è davvero bollente, e ci ritroviamo seduti ai tavoli in legno verde apparecchiati all’ombra del pergolato della piccola ma accogliente trattoria a conduzione familiare. Pregustiamo già uno spaghetto allo scoglio! Sono appena suonate le due del pomeriggio e la signora ci informa, con immenso nostro dispiacere, che la cucina è appena stata chiusa. Mauro impreca in silenzio e in preda al più nero sconforto ordina un panino con prosciutto, mozzarella e pomodoro, lui che i pomodori li detesta. Il pane non è pane comune, ma pasta della pizza della cucina già chiusa: ed è buonissimo. Ordiniamo un secondo panino a testa: no, finito pure il pane della pizza! Mauro è sempre più deluso e imbufalito: neanche il gelato e la crema di caffè con una spolverata di cacao riescono a risollevargli il morale. E per l’intero pomeriggio va avanti a chiedersi come sia possibile chiudere alle due e finire i panini alle due e… Ma non ci sarà nessun greco da queste parti che ha aperto una taverna sul mare?

Appena saliti in kayak due signore sul materassino si chiedono se abbiamo intenzione di raggiungere lo Scoglio della Regina, il cui profilo anonimo si profila sul capo roccioso mezzo miglio più a sud. E quando ci sentono rispondere che si, pensiamo di raggiungerlo e superarlo per arrivare al Gargano (oppure dove arriviamo!), restano per qualche istante in un sorpreso silenzio che esplode poi in un sonoro e gemello “Bravi! Complimenti!”

Passiamo mogi mogi Guardia Piemontese e Fuscaldo, osservando che i paesini calabresi arroccati sui primi contrafforti montuosi sono molto belli, in pietra e magistralmente amalgamati al paesaggio circostante. Sono le case costruite sulla spiaggia in epoca assai più recente ad aver rovinato tutto. Meglio le case che gli stabilimenti balneari, sentenzia Mauro: queste almeno non hanno la musica a palla tutto il santo giorno.

Paola è un centro più grande e più caotico.
Sbarchiamo prima di raggiungere il primo stabilimento balneare, subito dopo uno di questi porti improvvisati che non sono neanche porti, ma scali in cui il motoscafo è portato in mare su un carrello trainato da un trattore di campagna. La spiaggia sembra libera e abbastanza profonda per ospitare i nostri tre kayak e le nostre due tende. L’illusione di restare soli per la notte evapora appena spuntano le prime stelle, le uniche visibili nella densa foschia dell’umidità notturna: è la notte di San Lorenzo e da queste parti sembra sia d’obbligo festeggiare la ricorrenza con un falò sulla spiaggia. In poco meno di un’ora veniamo circondati da cinque falò, due braciolate ed un concerto di chitarra e coro stonato.

Alle nostre spalle brucia la collina più alta di Paola. Il fumo che era visibile già da lontano nel primo pomeriggio sembrava essersi arreso all’evidenza del fatto che ormai non c’era più niente da bruciare. Invece al nostro sbarco alcuni comignoli bianchi hanno ripreso ad ardere con vigore ed in poco tempo si sono stagliate nella notte le fiamme alte delle piante aggredite dal fuoco. Con le drammatiche notizie che ci raggiungono solo oggi sui devastanti incendi della nostra amata Isola Eubea in Grecia, questi falò canterini ci sembrano oltremodo fuori luogo e fuori tempo… Ma forse siamo noi ad essere fuori posto!


Mercoledì 11 agosto 2021 – 25° giorno di viaggio
Paola – Belmonte Marina: 22 km
Caldo africano – mare bianco come il cielo

Il fuoco della collina di Paola è andato avanti tutta la notte.
Al mattino abbiamo scorto i resti del boschetto che fino a ieri occupava la vallata e dell’ampio pascolo ormai abbandonato ed ora del tutto bruciato.

In compenso, i falò sulla spiaggia si sono spenti alle prime luci dell’alba. E nessuno (nessuno!) dei convitati ha pensato bene di portar via i resti della legna bruciata: è dovuto passare alle sei del mattino un signore in divisa con grandi sacchi per la spazzatura che con pazienza e fatica ha ripulito la spiaggia e raccolto anche i vetri rotti delle bottiglie di birra mandate in pezzi contro i massi adagiati tra la spiaggia e la strada sterrata.

Quando siamo quasi pronti all’imbarco, ci viene l’idea di una seconda colazione al bar dello stabilimento accanto: cornetti caldi e crema di caffè di rito. Stavolta servita con una bella corona di panna montata.
Ritardiamo di quasi un’ora la partenza, ma ne valeva la pena.

La nostra direzione stamattina sembra essere il nulla.
Oggi il cielo ed il mare si confondono nell’umidità e si scambiano colori e densità. L’aria è così bagnata da rendere quasi del tutto inutili le continue abluzioni che ci troviamo a ripetere ogni cinque o sei pagaiate. Facciamo fatica a ricordare una giornata in kayak altrettanto calda.

Passiamo Paola ed il suo piccolo faro bianco nascosto sull’antica torre in pietra. Poco oltre c’è anche il carcere che staglia il suo profilo sul litorale, dietro l’immancabile linea ferroviaria che anche oggi accompagna la nostra pagaiata. Prima di San Lucido si allungano in mare una serie di spiagge a pennello, nate tra le barriere frangiflutti erette per proteggere la ferrovia, e che anni addietro sono valse al mio fratello geologo un incarico come consulente tecnico d’ufficio in una annosa causa presso la Corte di Appello di Catanzaro in cui si scontravano tutela del paesaggio, lavori di mantenimento della ferrovia, scelte politiche locali e varie ed eventuali…

La nostra sosta è sotto una tamerice stentata che sopravvive su uno scalino sabbioso scavato sotto le sue radici dalla forza del mare: la spiaggia in questo punto è anche abbastanza profonda, ma le mareggiate devono avere inferto negli anni duri colpi non solo ai binari del treno, che in alcuni tratti abbiamo visto divelti, arrugginiti ed arenati, ma anche ai timidi alberelli che cercano di sopravvivere in questa terra desolata. La Calabria tirrenica non ci sta offrendo certo il suo lato migliore.

Gli incendi continuano ad incoronare ogni singola collinetta e ormai riconosciamo l’inizio di un focolaio dalle prime lingue di fumo chiaro che escono dal bosco o dalla macchia. Una depressione collettiva ci assale e non ci molla più. Complice forse questo tempo strano, caldissimo ed immobile. Anche la pagaiata diventa pesante e quasi noiosa.

Allo scoccare dei 20 chilometri cerchiamo una spiaggia adatta al campeggio nautico e la troviamo incastonata ai piedi della ferrovia, sotto uno striminzito filare di canne che restano immobili a guardare il mare per tutto il tempo che noi impieghiamo a tirare in secco i kayak e ad allestire le tende per la notte. Iniziano ad ondeggiare nella brezza fresca della sera colo quando cala l’oscurità più completa: il sole si è tuffato non in mare ma dietro una spessa coltre di umidità, che ha tinto il tramonto di un giallo pallido mai visto prima, e la luna è sorta per una scarsa mezz’ora prima di scomparire con la sua falce appena visibile dietro lo stesso immobile strato di foschia.
Poche stelle in cielo ma nella macchia cantano i grilli: e noi riusciamo a sentirli, finalmente! 


Giovedì 12 agosto 2021 – 26° giorno di viaggio
Belmonte Marina - Amantea: 11 km
Condizioni eno-gastronomiche favorevoli ci costringono a terra!

Ci svegliamo con uno strano strato di forfora su tende e kayak: la cenere degli incendi che devastano la Calabria si va lentamente depositando su ogni cosa animata e inanimata. Un elicottero col pallone già pieno d’acqua sorvola il nostro campo mentre facciamo colazione. Stamane non abbiamo la possibilità di farne una seconda, perché la nostra spiaggia è lontana da ogni centro abitato. Vedremo di resistere, soprattutto alla pena di continuare ad avvistare incendi in ogni dove.

L’acqua resta di un colore strabiliante.
E’ di un verde smeraldo che incanta. Pagaiamo guardando sempre più spesso le profondità marine, così piene di meduse, che non la costa piatta e monotona. Anche il mare è piatto, ma tutt’altro che monotono. Però l’afa persiste e chiediamo a Mauro di raccontarci una storia. Lui si rianima e ci racconta la sua preferita: “Questa è la storia della vacca Vittoria. Muore la vacca, è finita la storia!”

Ci dedichiamo allora ad una nuova attività, il Boat-Watching.
La inventiamo nei pressi della foce del Fiume Licetto, dove hanno realizzato un piccolo rimessaggio di motoscafi su una delle tante spiagge di sabbia incassate tra i soliti massi frangiflutti.
Qui invece delle scavatrici adattate a gru, utilizzano un grosso muletto da cantiere a sei ruote motrici e dotato di due lunghe forche di acciaio arrugginito. L’ammaraggio prevede l’estroso uso del muletto per sollevare da terra il motoscafo di turno ed adagiarlo in acqua a pochi metri dalla battigia. Lo chiamiamo “cataforcaggio”. Il tutto sempre con i conducenti aggrappati come possono ad un qualunque appiglio durante l’intera fase aerea. Stessa cosa per l’operazione inversa, quando il motoscafo rientra alla base suonando all’impazzata già da grandi distanze per avvisare il conducente del muletto del suo arrivo: le due forche sollevano il motoscafo dall’acqua e lo adagiano al posto riservato nella rimessa. Sempre coi pescatori sopra.
Starei ore a guardali: mi sembra un’attività pericolosa e seducente insieme. E la fantasia di adattare mezzi ideati e costruiti con altri scopi per movimentare barche da diporto mi affascina sempre tantissimo! Genialità e follia all’ennesima potenza: evviva la creatività italica!

Poco oltre intravediamo nella foschia mattutina la foresta elettrificata della stazione ferroviaria di Amantea. Dobbiamo fare rifornimento di acqua, sigarette e viveri, così scegliamo di fare una breve sosta in paese.
Ci infiliamo nel più vicino supermercato, quello con una serra interna in cui sono cresciute piante di banano che mostrano caschi di frutti invidiabili. Mentre Claudia ed io sfidiamo indomite l’aria condizionata che trasforma i riparti di frutta e verdura in agghiaccianti regioni artiche, Mauro resta fuori a guardare gli incidenti che accadono con strana frequenza nel parcheggio del centro commerciale. Ad un certo punto si sente chiamare per nome: “Mauro, non ti ricordi di me? Sono un kayaker della vecchia associazione Piccola Compagnia di Navigazione del Kayak da Mare! Avevamo pagaiato insieme per la traversata da Tavolara! Saranno passati vent’anni, ormai: ho smesso io, tu invece continui imperterrito ad andare in kayak. Bravo”.

Poi succede l’irreparabile.
E Claudia conia l’espressione che dà il nome alla giornata.
Condizioni eno-gastronomiche favorevoli ci costringono a terra per più ore del previsto. Riprendiamo a pagaiare solo nel tardo pomeriggio.

Inciampiamo in un ristorantino decorato di pesci di ogni fattura e dimensione, di legno, ferro e carta, e restiamo seduti a tavola il tempo strettamente necessario ad onorare il seguente menù: tris di antipasti a base di 1. impepata di cozze tarantine, servita con fette di pane casareccio e assaggio di rosa-marina, una salsa calabrese a base di neonata di pesce e peperoncino; 2. tradizione amanteana con alici ripiene, alici marinate e monacelle, impasti fritti di alici salate locali; e 3. sei assaggi di antipasto di mare con insalata di polpo, alici ripiene, gambero croccante, focaccina gourmet con pesce spada marinato e stracciatella. A seguire, tre primi piatti delle tradizione: tre spaghetti alla chitarra con la mollica, cioè un perfetto accostamento di mollica di pane raffermo ed alici salate. Per chiudere, un altro tris di dolci: tiramisù scomposto con savoiardi al caffè, crema al mascarpone e scaglie di cioccolato (il preferito di Mauro), millefoglie con crema al mascarpone, granella di pistacchi e crema di pistacchi di Bronte (il preferito da Claudia), ed il bocconotto di Amantea, dolcetto di pasta frolla farcito di cioccolato e mandorle (il mio preferito). Tutti i dolci vengono accompagnati da un ottimo sorbetto al limone servito in una coppa gigante, un boccale di rosato profumatissimo e gustosissimo e due liquori locali dai nomi accattivanti e dal sapore speciale, il kardija ed il kaciuto!

Temo di non riuscire più a far stare la panza nel pozzetto.
I kayak sono oltremodo pesanti, con la linea di galleggiamento più bassa del solito, e non certo per la cambusa rinnovata!
Riprendiamo a pagaiare che sono quasi le sei del pomeriggio.
Superiamo a fatica l’abitato di Amantea e prima ancora di lasciare il paese sbarchiamo per riposare. Il tramonto ci tiene occupati giusto il tempo di digerire le ultime molliche e per penitenza ci infiliamo in tenda senza cena! (che vita di stenti!)

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