IL BLOG DI TATIYAK
31 luglio 2021
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30 luglio 2021
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Sud Italia Kayak Tour 2021: le foto da Castellammare a Salerno
Punti di vista all'ingresso del porto di Castellammare di Stabia... |
La crema di caffè più buona del viaggio!!! |
Un pranzo fuori dal comune a Castellammare... |
La spiaggia riservata ai residenti di Maria d'Aequa... |
Lo sbarco a Marina di Puolo... |
La sveglia delle sei a Marina di Puolo... |
L'unico pezzetto di spiaggia vuota a Marina del Cantone... |
Spiaggia libera di Tordigliano di fronte a Li Galli... |
Tempo di shampoo... |
Tempo di giochi: il rock-balancing resta una dei miei preferiti... |
Quasi nessuno in mare e a terra... |
Il risveglio alla spiaggia di Tordigliano con Li Galli sullo sfondo... |
Foto ricordo... |
Sosta lampo a Furore... |
Poco spazio in acqua e in spiaggia... |
L'unica strisciolina libera per tirare in seccai kayak... |
Sosta per il pranzo in una caletta franata... |
Spiaggia del Cavallo Morto ❤️ |
Il nostro campo migliore! |
L'ombra resta a lungo ma il caldo non se n'è mai andato... |
Cetara in tutto il suo splendore... |
Annunciazio'! Annunciazio'! |
Se non la facevo storta non c'entrava la torre! |
Meritato riposo al tramonto sulla costiera... |
29 luglio 2021
Sud Italia Kayak Tour 2021: il diario da Castellammare alla foce del Tusciano (Salerno)
Lunedì 26 luglio 2021 – 9° giorno di viaggio
Castellammare di Stabia – Marina di Puolo: 19 km
Cielo coperto e foschia estesa – mare calmo con qualche increspatura
Ci svegliano i fuochi d’artificio.
La signora Carmela vicina di spiaggia ci spiega che sono i fuochi di Sant’Anna: un tempo la cerimonia era grande e suntuosa e coinvolgeva l’intera città, ora invece per la pandemia ogni parrocchia celebra una messa che termina con i fuochi d’artificio. Fuochi d’artificio in ogni parrocchia. Ecco perché già da ieri notte ne abbiamo visti e sentiti a ripetizione, vicini e lontani, tutti molto più lunghi, elaborati e colorati di quelli che ci hanno sparato sulle tende a Bagnoli!
Anche noi festeggiamo la ricorrenza fermandoci in città a fare la spesa.
Ci infiliamo prima in un bar per il rito della crema di caffè: quella che ci servono oggi è la più buona e creativa sin ora mai assaggiata, con tanto di caramello, croccantino e bottoni colorati di cioccolato di guarnizione!
Dobbiamo cercare un materassino nuovo anche per Mauro.
Sembra infatti che si stia rompendo tutto quel che si può rompere: i sandali di Mauro si sono scuciti quando eravamo ancora al primo scivolo di alaggio nel porticciolo di Terracina e sono stati recuperati con la colla neoprene; le fascette del paraspruzzi che Mauro ha modificato per sostenere il GPS si sono spezzate l’altro ieri e sono state riparate con del nastro americano; una vite del seggiolino di Mauro ha ceduto d’un tratto alcuni giorni fa, prontamente sostituita con una di ricambio del kit di riparazione; una metà del mio pannello solare pieghevole non dà più segni di vita e al momento non sembra ci sia una soluzione praticabile; anche l’ultimo dei quattro materassini da campeggio (due in uso e due di riserva) non tiene più nonostante le ripetute riparazioni effettuate da Mauro.
Compriamo quindi pane, biscotti ed un materassino giallo oro: torniamo ai kayak con dei pezzi di pizza da asporto, due panini imbottiti ed una ricca porzione di zucchine alla scapece. Il pranzo all’ombra delle palmette del lungomare dura così più del solito, complice la strategica vicinanza della fontanella d’acqua dolce.
Partiamo alla scoperta della Costiera Sorrentina quando sono ormai suonate le due del pomeriggio. Forse è la foschia che tutto avvolge, forse il cielo plumbeo che schiaccia il paesaggio, forse il mare piatto color mercurio ma… quella che doveva essere la costa delle meraviglie si palesa come la costa delle storture: gli stabilimenti balneari sono ricavati su precarie palafitte incastrate nelle barriere frangiflutti; le vecchie strutture delle cave sono state trasformate in alberghi e ristoranti ma non hanno perso la vecchia aura mortifera di pietra e cemento; gli alberghi si accalcano in maniera disordinata sulla cima delle pareti strapiombanti e regalano dal mare un spettacolo tutt’altro che da cartolina.
Forse dobbiamo rivedere la nostra idea che la terra vista dal mare è sempre più bella?
C’è un passaggio segreto sotto un arco roccioso, ci sono le piscine naturali stranamente deserte, ci sono le grotte scavate ad arte nel tufo, con scalinatelle che un tempo si arrampicavano fin sul paese in una serie di zig-zag impressionanti.
Ma ci sono anche le strade incombenti che scendono al mare, da Vico Equense, da Meta e da Sorrento. Ci sono poi una serie di yatch che sostano poco al largo e che hanno tutti non meno di cinque piani, tranne quello orribile dotato di elicottero.
Sbarchiamo per una breve sosta carica di chiacchiere e risate sulle nostre precedenti esperienze di viaggi in kayak nella piccola spiaggia libera di Marina d’Aequa. Claudia rientra dalla passeggiata di esplorazione con un’espressione perplessa: il cartello all’ingresso recita che la spiaggia pubblica è riservata esclusivamente ai residenti con obbligo di prenotazione. Ci spostiamo.
Il secondo ed ultimo porto di Sorrento ci lascia alquanto interdetti perché l’imboccatura è disseminata di pali d’ormeggio dotati di anelli circolari arancioni tutti in completo stato di abbandono, soltanto uno utilizzato da un bel veliero d’epoca.
Ci lasciamo alle spalle motoscafi grandi e piccoli, aliscafi grandi e piccoli, traghetti grandi e piccoli e puntiamo i Bagni della Regina Giovanna: qui sì che ci rifacciamo gli occhi! Entriamo nella grande piscina naturale interna ed osserviamo con i nasi all’in su i resti delle volte e delle pareti della villa romana che occupava l’intero promontorio. E’ uno dei luoghi più conosciuti e frequentati della costiera, anche se è uno dei più scomodi da raggiungere per via di un sentiero impervio che si nasconde tra la macchia. A quest’ora della sera, ormai le sette suonate, non c’è che una comitiva di ragazzi tedeschi impegnati a fare i tuffi dagli archi della villa e qualche turista già pronto a percorrere il sentiero al contrario. Noi ci attardiamo qualche minuto tra le testoline in acqua per apprezzare la magia di un luogo davvero unico.
Poco oltre si apre la baietta di Marina di Puolo e sappiamo di doverci cercare un posticino per la notte. Lo troviamo oltre i ruderi di una vecchia cava, chiedendo al posteggiatore ufficiale del parcheggio retrostante il bagno dagli ombrelloni blu (tutti già rigorosamente chiusi) di poter passare la notte sui ciottoli bianchi della caletta. Nessun problema, basta liberarla presto, alle sei del mattino. Accettiamo la sfida!
Martedì 27 luglio 2021 – 10° giorno di viaggio
Marina di Puolo – Spiaggia libera di fronte a Li Galli: 22 km
Sereno – mare mosso dai millemila motoscafi
Puntiamo la sveglia per rispettare l’accordo.
Alle sei siamo già operativi e alle sette abbiamo già smontato tutto.
Poi però tra una chiacchiera, una passeggiata ed una crema di caffè ci imbarchiamo alle dieci già suonate. Qui oltre alla talassoterapia praticano anche la salassoterapia: la crema di caffè, nello specifico, era piccola la metà rispetto a quella di Castellammare, senza il caramello, il croccantino ed i bottoni di cioccolato, e ci è costata quasi il doppio!
Tra un’onda e l’altra sollevata dai numerosi traghetti che incrociano al largo e che scatenano l’inferno sulle spiagge della costa, riusciamo ad imbarcarci senza riportare danni a persone e cose (specie intorno a noi, visto che gli ancora poco numerosi bagnanti del mattino si sono accalcati giusto attorno ai nostri tre kayak!). Sul capo si rincorrono centinaia di motoscafi di vario tipo, tutti dotati di motori assai rumorosi e puzzolenti: molto virano verso la Costiera Amalfitana, molti altri invece proseguono verso Capri, rendendo lo stretto uno dei più trafficati del golfo.
Claudia pronuncia poche parole ma significative: “certo in kayak non ci si sente soli, soltanto molto piccoli!”
Doppiata Punta Campanella torniamo finalmente a sentire le cicale!
La riserva naturale sembra avere sortito gli effetti sperati e nella grande baia non transitano che un paio di motoscafi, forse ignari dei divieti vigenti. Nella piccola spiaggetta ai piedi della vecchia cava ci sono già alcuni ombrelloni colorati e non sembra esserci posto sufficiente anche per i nostri kayak. Ricordo ancora bene il primo raduno a cui ho partecipato proprio in questa zona: ero affascinata tanto dalla costa quanto dai partecipanti, ognuno con un racconto o un aneddoto che attiravano la mia attenzione e suscitavano la mia ammirazione. Se mi sono appassionata tanto al kayak è anche grazie a queste indelebili esperienze di giusto vent’anni addietro.
Proseguiamo verso Marina del Cantone per scoprire che la costa è stata completamente privatizzata: non c’è modo di sbarcare perché la fitta sequenza di ombrelloni è interrotta solo da qualche ristorante su palafitte e da un paio di canali navigabili, pensati ed usati però solo dai barcaioli locali che fanno la spola tra i vari motoscafi ormeggiati in rada. E’ una giostra di barche di varie dimensioni, di kayak a noleggio, sit-on-top e stand-up-paddle, di materassini gonfiabili, di unicorni e paperelle fin giù ai liberi nuotatori appesi alle boe gialle che delimitano la zona balenare. Non c’è però neanche l’ombra di uno spazio libero sulla spiaggia.
Ripariamo quindi sotto la struttura portante dell’ultimo ristorante della baia. All’ombra. Da soli!
Oltre la ressa della baia si apre un tratto di costa magnifico, disseminata di scalette intagliate nella roccia con corrimano di corda che salgono irregolari a delle casette mimetizzate nella macchia mediterranea e circondate da orti terrazzati ancora ben curati. I picchi montuosi raggiungono altezze considerevoli e da lassù scendono in mare dei canaloni scavati dall’acqua piovana che nella stagione invernale sono percorsi da ruscelli gorgoglianti. Ci si aspetterebbe di trovare un triangolino di sabbia o ciottoli alla base di ciascun canyon ma invece l’ultimo salto delle cascatelle ora in secca è alto un paio di metri sul livello del mare: anche qui non c’è modo di sbarcare.
Proseguiamo con lo sguardo sempre rivolto all’insù e con gli occhi pieni del verde dei pini e delle macchie colorate di qualche oleandro sperduto nella boscaglia rigogliosa e profumata. Di fronte al gruppetto di tre scogli privati e abitati de Li Galli scorgiamo una spiaggia che sempre perfetta per una seconda sosta. E che si trasforma subito nel nostro campo per la notte perché è molto bella, ma anche molto vuota, senza quasi nessuno né in mare né a terra. Approfittiamo dell’ora calda, appena le quattro del pomeriggio, per farci il primo shampoo dall’inizio del viaggio, per riordinare la cambusa e per giocare con le pietre…
Alcune raffiche dispettose si alzano proprio quando iniziamo a montare le tende ma in tre riusciamo facilmente a vincere le intemperanze del vento. Ci sdraiamo sui materassini nuovi che c’è ancora luce e gioiamo al solo pensiero di non dover puntare nessuna sveglia!
Mercoledì 28 luglio 2021 – 11° giorno di viaggio
Spiaggia di Tordigliano – Spiaggia del Cavallo Morto: 22 km
Soleggiato – mare calmo nonostante i motoscafi
La notte più calda del viaggio: i ciottoli rilasciano lentamente il calore che di giorno li infuoca e ci è sembrato di dormire in un forno a micro-onde!
Il risveglio è quindi più lento del solito ma stranamente alle 10 siamo già in kayak: il mare è ancora libero dalle turbolenze dei motoscafi e possiamo costeggiare senza doverci continuamente guardare le spalle.
La costa è ricamata da torrette rocciose che impreziosiscono le creste dei valloni e che scendono verso il mare come mura merlate di un castello.
Il paese di Positano è senza dubbio il più caratteristico e suggestivo dell’intera costiera e meriterebbe anche una sosta, se solo fosse possibile sbarcare: ma la spiaggia libera è giusto un triangolino schiacciato sotto la scogliera e non c’è più un centimetro disponibile per tirare in secca i kayak. Il resto della costa è occupato dalle discese private delle ville sul mare, da scalette di cemento intagliate negli scogli o costruite sopra gli scogli, con una sequenza davvero impressionante di piccole terrazze adatte ad ospitare un paio di ombrelloni al massimo.
Proseguiamo verso Furore ma già l’ingresso nel fiordo ci richiede mille manovre per evitare bagnanti e tuffatori: trovare un posto per i kayak sembra impresa disperata e vana ma proprio quando stiamo per rinunciare scorgiamo una strisciolina vuota proprio sotto la parete strapiombante. Non del tutto libera, in effetti, perché ci sono disseminate le ciabatte di tutti coloro che lasciano il sole per trovare refrigerio in acqua. Noi restiamo all’ombra, giusto il tempo di mangiare uno dei provvidenziali fruttini di mele cotogne fatti in casa dal Mammut, preparati con tanta cura durante l’inverno proprio per i nostri viaggi estivi!
Riusciamo a fare una pausa pranzo vera e propria, con tanto di panzanella e pisolino all’ombra, solo più avanti e solo perché la caletta è disseminata di massoni caduti in tempi diversi dalla parete sovrastante. Non vorremo però approfittare troppo della buona sorte e riprendiamo la navigazione dopo un’oretta scarsa.
Poco oltre ci infiliamo sotto un bell’arco naturale che si apre su acque limpide e verdi: lo scriviamo perché l’acqua di questo mare in questi giorni sembra più un minestrone di alghe filamentose con scaglie di plastica e grattugiata di polistirolo che non il solito mare pulito di cui avevo memoria (forse perché pagaiavo in costiera solo in inverno!)
Amalfi è un porto trafficato e ci colpisce che tutti i gozzi riadattati alle visite guidate della costiera raccontino la storia degli alberghi più rinomati e lussuosi della zona invece delle altre mille meraviglie del luogo. A partire, per esempio, dagli impareggiabili terrazzamenti di vigne, limoni e aranci che in questa stagione ricoprono i versanti dei monti di un bel verde lucente che mette allegria. Mauro è l’unico di noi tre che continua imperterrito a borbottare per il troppo… troppo tutto, secondo lui: troppo rumore, troppo tanfo, troppo traffico, troppo cemento, troppo casino!
Minori la passiamo un po’ al largo, sia per contenere l’assalto della nostalgia per le lunghe domeniche passate a nuotare sotto la torre, sia per evitare di costeggiare il brutto lungomare di Maiori, soffocato da alberghi moderni che stonano col resto dell’architettura tipica della costiera.
Evitiamo di entrare in una bella grotta perché è appena uscito un barcone di turisti e, memori delle esperienze di altri viaggi in altri luoghi, non vogliamo intossicarci coi suoi fumi di scarico, ancora più concentrati sotto la volta dell’antro scuro…
Poco oltre, però, scoviamo la spiaggia dei nostri sogni: ampia, libera e deserta. Sbarchiamo anche se è presto e per un paio d’ore ci dedichiamo alla nostra attività preferita: il dolce far niente.
Quando finalmente l’ombra invade la caletta ci prepariamo per la cena e per la notte: fa talmente tanto caldo che ci sembra di essere su una graticola ed aspettiamo che rinfreschi sdraiati accanto alle tende a rimirare le luci della costa che si accendono pian piano come un presepe d’altri tempi. E’ la prima notte che riusciamo anche a guardare le stelle perché prima giocavano a sfavore tanto la foschia quanto la stanchezza…
Giovedì 29 luglio 2021 – 12° giorno di viaggio
Spiaggia del Cavallo Morto – Foce del Tusciano (Salerno): 26 km
Sole infuocato – mare calmo
Ci svegliano i clacson degli autobus che percorrono la strada costiera proprio sopra le nostre tende e che ad ogni curva avvisano le auto che viaggiano in senso contrario di rallentare per lasciarli passare.
Claudia è come al solito la prima a smontare la tenda, a fare colazione e a prendere il mare: ci precede di una buona mezz’ora per andare a visitare la grotta che ieri era occupata dai motoscafi e che stamattina trova occupata solo dai bagnanti.
Proseguiamo insieme lungo una costa molto bella, piena di grotte e di torri diroccate, sormontata da pinnacoli rocciosi che creano scenografie naturali davvero impressionanti.
Doppiamo Capo d’Orso incuriositi dal suo faro inverso, il primo che ci sia mai capitato di incontrare: un cucciolo di faro, basso e tracagnotto, che invece di stare sulla sommità è stato sormontato da una costruzione a tre piani intonacata di rosso, che svetta sulla scogliera ben più alta della luce del faro. Ci ricorderemo di questo capo omonimo del ben più famoso capo sardo anche per un’altra curiosità: un magnifico soffione che riesce a creare giochi d’acqua e spruzzi anche oggi che il mare è piatto ma gonfiato di tanto in tanto dall’onda lunga dei traghetti in transito.
Speravamo di sbarcare nel pittoresco borgo marinaro di Erchie per il nostro solito rito della crema di caffè ma la spiaggia libera è come sempre ricolma di ombrelloni e bagnanti: siamo costretti a passare oltre e appena dietro la torre del paese riconosco la caletta dove ho tenuto alcuni corsi di kayak diversi anni addietro.
All’ingresso del porticciolo di Cetara staziona una chiatta rosso smagliante che sta lavorando alla sistemazione della diga foranea: resterei ore a guardarla ma dopo un po’ solleva i lunghi pali di ancoraggio e si dirige verso il porto di Salerno per fare rifornimento di altri massi.
Anche Cetara è sovraffollata ma sotto il ponte del vecchio scarico dismesso troviamo un posto adatto allo sbarco. Scopriamo subito che oggi alle 10.30 (mancata di un soffio!) si inaugurava la nuova condotta sotterranea per la depurazione delle acque reflue del paese, scaricate non più in mare (!) ma nel depuratore di Salerno! Fotografo di proposito il manifesto comunale perché non sappiamo se gioire dell’iniziativa o disperare per il ritardo con cui è attuata…
La fontanella di acqua dolce nella piazzetta del porto, il corso animato di negozietti e caffè e soprattutto la pizza d’asporto ci convincono a restare anche per la pausa pranzo. Peccato che per la pizza d’asporto si debba attendere un’era geologica! Quando torno ai kayak con le pizze trovo alcuni amici kayaker di vecchia data che hanno interrotto la loro pagaiata giornaliera per fermarsi a salutarci: calorosi come sempre!
Le tre striminzite creme di caffè non reggono in alcun modo il confronto con quelle strabilianti di Castellammare e lasciamo Cetara un po’ abbattuti.
Tagliamo al largo sia Vietri sul Mare che il porto di Salerno: anche qui delle chiatte enormi sono impegnate nei lavori di rifacimento dell’ingresso ed il clangore dei bracci meccanici ci accompagna a lungo nella nostra solitaria navigazione verso sud.
Finalmente siamo fuori dalla ressa di motoscafi e aliscafi e traghetti: possiamo goderci il mare forza olio e i salti acrobatici di alcuni pesci di dimensioni notevoli e dal dorso verde smeraldo. Caliamo le lenze con la speranza di procurarci una cena diversa dal solito ma le ultime due ore di pagaiata non sortiscono l’effetto sperato.
Il litorale sabbioso che da Salerno scende verso Agropoli è occupato da stabilimenti balneari che ci colpiscono per l’elevato numero di ombrelloni e per la musica stranamente decontestualizzata che esce dalle casse (da La Donna Cannone a Gig Robot d’acciaio).
Oltre la foce del Fiume Tusciano la spiaggia di sabbia e ciottoli è appena stata spianata dall'escavatore che adesso è impegnato a scavare la foce per addrizzarla (!): speriamo non vada avanti tutta notte, perché dopo il tramonto è ancora lì.
Le zanzare stasera non ci danno tregua e la cappa di umidità cala sulla notte ben prima che si accendano in cielo le stelle…
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28 luglio 2021
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27 luglio 2021
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26 luglio 2021
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25 luglio 2021
Sud Italia Kayak Tour 2021: le foto da Capo Miseno a Castellammare di Stabia
Nisida by night dalla spiaggia di Bagnoli... |
Due cuori e una capanna... |
Il campo della notte insonne... |
I fuochi d'artificio sparati proprio sopra le nostre tende! |
Claudia sempre sorridente e pronta ben prima di noi! |
Il murales più bello del viaggio! |
Un posto al sole! |
Capperi che capperi! |
Pezzi da collezione a Portici... |
La Spiaggia del Buon Sonno a Portici... |
La pausa pranzo al porto di Torre del Greco! |
Il campo fuori dal porto di Castellammare di Stabia... |
Le luci sulla città... |
Sud Italia Kayak Tour: il diario da Capo Miseno a Castellammare di Stabia
Venerdì 23 luglio 2021 –
6° giorno di viaggio
Spiaggia Verde di Capo
Miseno - Bagnoli:
Le case che sovrastano
Il risveglio è quindi
tutt’altro che allegro ma riceviamo la visita a sorpresa di un canoista locale
che, passando vicino alla costa, ci ha notato ed è sbarcato per salutare e per
chiedere numi sul nostro giro: ad avere tempo, ci dice, lo farei anch’io, ma
dovrò aspettare la pensione.
Ci sentiamo un po’ vecchi ma decisamente privilegiati!
La foschia che ieri avvolgeva le isole ,oggi ricopre l’intera baia di Pozzuoli e ci lascia scoprire le sue bellezze una ad una, con la sorpresa di riconoscerle solo quando sono davanti alle nostre prue: in stretta sequenza passiamo il paesino di Bacoli, il tunnel scavato nel tufo dell’Isola Pennata, i giardini terrazzati e ben curati di Baia, le casine colorate affacciate sul golfo, il castello col suo faro rosso, la città sommersa e le terme di Lucrino e l’indimenticabile fermata della Circumflegrea...
Cerco e trovo le case degli amici di un tempo dove avevamo trascorso serate di
risate e confidenze, accompagno le pagaiate ai ricordi degli anni passati a
Napoli ad esplorare i dintorni in kayak, in moto ed in bicicletta, riconosco i
luoghi esplorati più e più volte: in quella spiaggia ho organizzato un corso di
kayak, in questa baia ho seguito un corso di archeo-sub, in questa insenatura
scendevo a leggere e riposare dopo una pagaiata in solitaria...
Attraversiamo il porto di
Pozzuoli con una certa emozione perché i traghetti in arrivo entrano in
derapata, senza mai accennare a rallentare, e quelli in uscita sembrano
immobili fino al momento prima di occupare la bocca di porto. Ci ritroviamo in
prossimità della luce verde, quindi a nostro avviso quasi fuori pericolo,
mentre all’improvviso compaiono un traghetto carico di camion, una bettolina
dell’acqua e un aliscafo turistico che costeggiando la diga foranea si era
celato alla nostra vista fino all’ultimo secondo. Claudia è la più
esterrefatta: mai visto tanto traffico in mare!
Facciamo così le prove generali per passare domani il porto di Napoli.
Oltre il paese vecchio di
Pozzuoli, in corso di completa ristrutturazione con risultati molto
promettenti, scoviamo un piccolo imbarcadero affollato di barchette tra le
quali sgattaioliamo per raggiungere la riva: da lì saliamo lungo la passeggiata
alberata e scegliamo la pizzeria del porto per il nostro primo pranzo a tavola!
Solo che la pizzeria non
serve pizze a pranzo: ci accontentiamo di un antipasto all’italiana con supplì,
crocchette, frittata di pasta, mozzarella in carrozza, verdure miste fritte e
una tripla porzione di zeppoline buonissime. E di un primo leggero a base di
scialatielli con puparuoli, pecorino e cozze: ottimi, solo un tantino salati!
Prima di ripartire
facciamo rifornimento d’acqua al distributore automatico: 5 centesimi a litro,
con la possibilità di scegliere tra naturale, leggermente frizzante e
frizzante, e di interrompere per un massimo di 30 secondi per il cambio della
bottiglia. Claudia ed io siamo talmente brave da non rovesciare neanche una
goccia e da azzeccare l’ammontare di spiccioli necessaria per riempire le
nostre bottiglie da un litro e mezzo: adoriamo queste innovazione tecnologiche
segno di grande civiltà!
L’acqua è ghiacciata e tornando ai kayak ci schiacciamo le bottiglie sul collo
e sulla fronte per trovare refrigerio all’afa estiva: nell’imbarcadero non si
muove una foglia e sudiamo sette camicie per rimetterci in mare.
La nostra meta oggi non è lontana e ci concediamo una serie di soste
fotografiche sotto ognuno dei moli di Bagnoli, lunghi e cadenti, abbandonati da
anni ma fieramente resistenti alle intemperie, allungati in mare come giganteschi
belvedere di cemento armato, in alcun modo valorizzati ma dal grande potenziale
simbolico. I piloni che escono dall’acqua creano una selva arrugginita e fatata
disseminata di infiniti passaggi, tutti intricati e suggestivi, ora illuminati
da una luce radente e rosata che ci tiene a lungo intrappolati tra i suoi
molteplici piani prospettici.
La baia è sempre
sormontata dall’imponente struttura industriale dell’ex Ilva, ormai dismessa da
anni, dalle sue ciminiere svettanti e dai capannoni della Nuova Città della
Scienza recuperata dal devastante incendio del 4 marzo 2013.
L’ultimo tratto della baia è interamente occupata da una distesa di migliaia di barche all’ormeggio: lo sciabordio degli scafi sulle onde genera una cantilena musicale molto accattivante, ipnotica e riposante, che rimaniamo ad ascoltare per qualche lungo momento di riposante relax. Passiamo cauti tra i canaletti delimitati dalle boe di ormeggio e ristretti dalle cime di ancoraggio: è un continuo avvicendarsi di gommoni e motoscafi, di mezzi marinai calati, di chiamate alle barchette di collegamento con la terraferma, di urla e schiamazzi e…
Preferiamo superare il ponte di collegamento con Nisida, l’isola da sempre sede
di un carcere minorile, e campeggiare sulla caletta di ciottoli scuri che si
apre sotto il belvedere del Parco Virgiliano: qui è tutto un via vai di
fotografi e fotografati che ci incuriosiscono assai. Chiediamo: preparano i
ricordi per “l’anteprima” dei diciotto anni, dei dieci anni, dei sei anni e giù
giù fino all’anteprima della nascita. Un magnifico pancione di otto mesi campeggia
sui nostri kayak fino ad oltre il tramonto, con varie pose artistiche tra
ciondoli evocativi, bavaglini ricamati e scarpette da neonato.
Quando cala l’oscurità e
pensiamo di essere rimasti finalmente soli, tracima sulla spiaggia una comitiva
di vocianti pensionati con tanto di brace, stereo e cinepresa…
Sarà un’altra notte
travagliata? Di certo meno della precedente, visto che ho un nuovo materassino
da spiaggia rosa shocking talmente grande che non sono neanche sicura di
riuscire a farlo entrare in tenda!
Sabato 24 luglio 2021 – 7°
giorno di viaggio
Bagnoli - Portici:
Notte insonne, altro che
travagliata!
Ai pensionati discotecari
si uniscono dei giovani urlatori che hanno pensato bene di sparare i fuochi
d’artificio esattamente sopra le nostre tende, che per fortuna non hanno preso
fuoco (al mattino abbiamo trovato la scatola usata proprio sopra il molo:
avranno scordato di portarla via!). Poi è il turno di una numerosa famiglia di
bagnanti notturni che chiamano a mitraglia il povero figlioletto: “Gianco vieni
in acqua, Gianco esci dall’acqua, Gianco asciugati, Gianco siediti, Gianco ridi”.
Il povero Gianco riesce ad averla vinta sugli adulti e a convincerli di
riportarlo a casa quando è ormai calata la luna piena (quasi piena: il
plenilunio è domani!) ed è già spuntata l’alba: la madre saluta baldanzosa tutta
la spiaggia, aggiungendo un sonoro “Ciao, ragazzi in tenda!” e a me scappa un
lungo saluto di ricambio della mia mano destra che attraversa tutta la tenda
col dito medio alzato!
Per pochi minuti si
sentono solo i cinguettii dei passerotti. Ma subito dopo compaiono le comari da
spiaggia che fanno domande a raffica a Claudia, già sveglia sul fare dell’alba,
con un tono di voce talmente alto che sembrano intenzionate a svegliare anche i
detenuti del carcere minorile di Nisida. E niente, usciamo dalla tenda stanchi
come cenci e lenti come bradipi iniziamo i preparativi: ci imbarchiamo alle
undici suonate!
Prima tappa: il cratere
vulcanico di Nisida, un maestoso anello di pietra lavica aperto sul mare con i
bordi interni digradanti e ricoperti di fichi d’india. Sostiamo solo qualche
minuto perché l’ingresso è vietato (non c’è manco un cartello ma lo dice il
portolano).
Seconda tappa: la Baia di Trentaremi, un’alta falesia di tufo dorato ai piedi
della collina di Posillipo, scavata in più punti dall’opera del mare e
dell’uomo. Anche qui non si potrebbe passare perché è stata da qualche anno
istituita l’Area Marina Protetta della Gaiola. Siccome però il traffico a
motore è indistintamente irrispettoso dei segnalamenti marittimi posti ai
confini della riserva, noi scegliamo di difenderci dal reticolo di rotte
imprevedibili pagaiando vicino alla scogliera.
Terza tappa: spiaggetta della Gaiola, una lingua di sabbia vulcanica
incastonata tra le scogliere. Quando ho vissuto a Napoli per quasi dieci anni,
oltre vent’anni fa, ci arrivavo spesso in kayak e ci passavo interi pomeriggi a
leggere sugli scogli. Ora è completamente libera da ombrelloni e bagnanti e
gioisco della scelta. Mauro è il solo a sbarcare per sostituire le batterie
improvvidamente scariche del GPS: il responsabile della riserva scende le
scalette per informarlo gentilmente che un’ordinanza comunale odierna vieta la
balneazione lungo l’intero litorale napoletano per livelli troppo alti di
inquinamento (non meglio specificato, quindi noi inventiamo un’invasione di
“vattelappesca-coli”).
Le tappe successive ce le
godiamo dal kayak: Marechiaro con i suoi bagni a palafitte, la villa
presidenziale Rosebery presidiata da una pilotina militare, il porticciolo di
Posillipo dove scendevo spessissimo in moto per guardare la città dal mare;
nella caletta sovraffollata di Villa Lauro sbarchiamo per una pausa pranzo
veloce, giusto il tempo di scattare un paio di foto al set cinematografico
della serie televisiva “Un posto al sole”.
Ci lasciamo ammaliare dalla vista dei palazzi colorati dai terrazzi tutti differenti fino
all’indimenticato Palazzo Donn’Anna, dove avevo scovato un perfetto rimessaggio
per il mio kayak (lui in un palazzo del settecento, io nei Quartieri Spagnoli).
Pensavo che mi avrebbe assalito la nostalgia, invece ogni ricordo legato a
Napoli è talmente bello che pagaiato con un sorriso beato stampato in viso!
Costeggiamo infine Mergellina,
Ora è giunto il momento di
affrontare il Porto di Napoli.
Il porto più grande che ci sia mai capitato di attraversare, più di quelli
siciliani che al confronto ci sembrano delle mere succursali. Il vecchio faro
dipinto di rosso potrebbe trarre in inganno perché è posizionato accanto alla
luce verde. La diga foranea, però, è stata allungata negli anni ed ora la luce
rossa di ingresso campeggia molto più in là, in una posizione che arrivando da
nord non agevola la visibilità all’interno del porto (visto che chi progetta i
porti non pensa mai ai canoisti!).
La nostra strategia è semplice: aspettare.
Aspettiamo che nessun traghetto o aliscafo o nave o portacontainer o altro
natante entri o esca dal porto. Aspettiamo per un po'. Aspettiamo finché
non entra un ultimo aliscafo. In un battibaleno siamo dall’altra parte,
protetti sotto la luce verde, proprio mentre dal molo interno, adesso visibile,
un piccolo traghetto raggiunge la bocca di porto, anche lui in un battibaleno.
Ma ormai siamo di là dal canale navigabile, in salvo. Tiriamo fiato ma sappiamo che non è ancora finita.
Adesso si tratta di costeggiare la lunga diga foranea che protegge i cantieri
navali e che sta cadendo a pezzi in diversi punti: al fondo c’è una seconda
bocca di porto da superare. Dopo una buona mezz’ora di navigazione su un mare che Claudia definisce “scapigliato”, per via dell’onda di ritorno che genera una
poderosa “lavatrice”, raggiungiamo finalmente la testa della diga foranea.
Adottiamo la
stessa strategia, visto che in questo caso la visuale è decisamente migliore:
ci portiamo tra le due luci rosse allineate, anche noi in perfetto allineamento,
e puntiamo il naso dei kayak qualche metro dentro.
“Frena, frena, frena” grido
all’improvviso, bloccando sul nascere ogni speranza di attraversare al volo: la
nave cisterna Marina Piccola avanza baldanzosa e ci taglia la strada! Sembra
una nave fantasma perché non scorgiamo nessuno a bordo, nemmeno per scambiare
un saluto d’intesa.
Ora la navigazione è finalmente tutta in discesa: grazie ai preziosi consigli
dell’amico Antonio, kayaker locale, adocchiamo il nostro campo per la notte
poco oltre il Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa, su una spiaggia deserta protetta dalle solite massicciate di pietra lavica.
Neanche un ombrellone in vista, solo lavori di rifacimento del lungomare e di
protezione della linea ferroviaria Circumvesuviana. La sabbia è nera e bollente,
ricolma di immondizia. Il mio motto è sempre questo: c’è bellezza
ovunque, anche tra montagne di spazzatura. Dopo aver grufolato per un po’, scovo tra i detriti di plastica una serie di formine che ancora mancano alla mia ultraventennale collezione ed
un pezzo davvero unico: un corno rosso napoletano contro il malocchio di
dimensioni notevoli che adesso campeggia sulla prua del mio kayak.
Ceniamo al riparo dei
massi, prima del solito visto che siamo soli, ma aspettiamo diligenti che
scenda il tramonto per montare le tende. Intorno non si vede nessuno, neanche
la luna piena: stanotte dovremmo poter recuperare il sonno perduto!
Domenica 25 luglio 2021 –
8° giorno di viaggio
Spiaggia del Buon Sonno di
Portici – Castellammare di Stabia:
Ci svegliamo tardissimo,
quando il sole è già alto.
Riceviamo le tristi
notizie degli incendi nel cuore della Sardegna.
Ripartiamo più tardi del solito, quando è già passato mezzogiorno!
Dopo appena
Su sua indicazione ci
sediamo ai tavolini della pescheria di fronte ed ordiniamo in stretta sequenza:
un cuoppo di baccalà fritto, tre fritture miste di pesci, calamari e gamberi,
una porzioni di alici marinate, un’insalata di polpo e una superba impepata di
cozze. Birra e crema di caffè per suggellare un pasto improvvisato e
impeccabile. E acqua gratis a volontà.
Ripartiamo un po’ brilli
ed un tantino appesantiti.
Ma il tragitto non è dei più entusiasmanti e volevamo rifarci la pancia non
potendo rifarci gli occhi. I paesi vesuviani, infatti, non offrono al mare il
loro lato migliore: la costa è disseminata di fabbriche dismesse, palazzi
diroccati o condomini asserragliati gli uni agli altri. Solo un breve tratto
nei pressi di Santa Maria
Un maestoso pino marittimo
ormai secco attira la nostra attenzione ma Claudia taglia corto: “mi sarei
seccata anch’io a vivere tra quelle casette così brutte!”
Superiamo facilmente il
porto di Torre Annunziata e raggiungiamo lo Scoglio di Rovigliano che, col sole
nascosto dietro nuvole rade, irradia dalla torre diroccata una luce molto
scenografica.
Per un attimo, uno soltanto, accarezziamo l’idea di sbarcare alla foce del
Sarno. Poi il colore e l’odore dell’acqua ci ricordano che si tratta del fiume
più inquinato d’Europa e ci basta una smorfia d’intesa per decidere di
proseguire verso sud.
Raggiungiamo la bocca del porto di Castellammare di Stabia nell’ora di punta:
ci sono talmente tanti yacht che rientrano dalla gita domenicale che si creano
delle lunghe code all’ingresso. Meglio per noi, visto che sono tutti costretti
a rallentare. In un momento di “stanca”, ci infiliamo tra due code e puntiamo
la spiaggia di sabbia che si è formata proprio sotto la torre di comando del
porto, che illuminata da un timido sole del tramonto sembra il profilo stilizzato
di un vecchio “terminalone” (cose da nerd!).
Sbarchiamo nel momento esatto in cui si sta svolgendo il rito collettivo di un battesimo dei Testimoni di Geova: una ragazza dai capelli rossi prima ed una ragazzo moro dopo vengono accompagnati in mare da un terzo fedele e si immergono completamente vestiti. Escono coi capelli e gli abiti grondanti d'acqua (un po' putrida, a dire il vero!) tra gli applausi scroscianti della folla accalcata sulla battigia e per un po’ sono tutti impegnati a scattare foto e girare filmati.
Mentre spettiamo che cali il buio, ceniamo, aggiorniamo il diario e guardiamo il profilo scuro del Vesuvio alla nostra destra. Dormiamo alle pendici del vulcano attivo più grande d’Europa. Il mio pensiero ricorrente è sempre lo stesso: speriamo non esploda!
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24 luglio 2021
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23 luglio 2021
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Sud Italia Kayak Tour 2021: le foto da Terracina a Capo Miseno
Questa caletta è uno scrigno di ricordi preziosi!!! |
Il Vesuvio come panorama di sfondo... |
Il campo della quinta notte alla Spiaggetta Verde di Capo Miseno... |
La felicità! |
La pioggia bagna per qualche momento ma poi asciuga al vento fresco della sera... |
Ci abbiamo poggiato sopra qualche legnetto e lasciato dentro un pezzetto di cuore... |
Arredi esterni... |
Una casa tra i tronchi... |
Stavolta il tramonto è sul mare... |
Il campo della quarta notte alla foce del Volturno... |
L'entusiasmo di Mauro di percepisce anche da lontano... |
Le segnalazioni terrestri delle poppe dei kayak... |
Il tramonto dietro ai monti... |
Il campo della terza notte alla foce del Garigliano... |
Il campo della seconda notte alla Spiaggia dell'Arenauta... |
Il promontorio del Circeo in palmo di mano... |
Il trio alla partenza... |