Giovedì 2 settembre 2021 – 47° giorno di viaggio
Capo Colonna – Capo Colonna: 0 km in kayak, qualche km a piedi
Ventosissimo con raffiche fino a 30 nodi (F7 scala Beaufort)
Sapevamo che sarebbe stata una giornata di vento forte.
Avevamo scelto di proposito la caletta più ridossata nei pressi di Capo Colonna, in modo da proteggere la tenda dagli assalti del vento e da approfittare del giorno di sosta forzata per peregrinare nei dintorni.
La visita al faro è d’obbligo. Ma anche agli scavi archeologici che si estendono sull’intero promontorio di Capo Colonna. Sono famosi per la colonna che ha dato il nome al capo: è l’unica superstite delle sei colonne del lato rivolto verso il mare e del grande colonnato esterno che circondava il tempio greco dedicato alla dea Hera Lacinia. La colonna svetta sui resti del tempio e del successivo insediamento romano ed è talmente imponente che fa fare un salto indietro nel tempo. La pietra è molto particolare, tipica del luogo e si ritrova anche negli opus reticolatum che costituivano parte delle mura difensive del nucleo urbano. Ha un nome accattivante, calcarenite conchilifera, che fa subito pensare al mare. Altre due colonne sono state rinvenute coricate sul fondale poco al largo del tempio e sulle varie secche che incoronano il capo si possono ammirare altri resti grazie alle immersioni subacquee guidate.
Noi restiamo a lungo a guardare la colonna aggrappati ai corrimano delle passerelle in legno, che Mauro critica per la ruggine che ricopre l’acciaio inox, di qualità inadatta alla salsedine ma che ci offrono un appiglio sicuro per resistere alle forti raffiche del vento, ancora più aggressive sugli spazi aperti del capo. Trascorriamo un paio d’ore tra gli scavi e la Torre Nao e la chiesetta bianca della Madonna di Capo Colonna, un po’ sorpresi dal fatto che tra gli scavi stessi sorgano alcune ville private a due piani, alcune orami abbandonate ed altre ancora abitate: leggiamo poi sull’opuscolo del museo che l’abusivismo edilizio ed il commercio clandestino di reperti archeologici sono i principali fenomeni che affliggono il Mezzogiorno. Insieme agli incendi dell’estate 2021.
All’ora di pranzo ci rifugiamo nello stesso ristorante che ci ha ospitato la sera prima e ci rifacciamo delle fatiche culturali con un antipasto di impepata di cozze e con due bei piatti di linguine allo scoglio.
Il pomeriggio, invece, lo passiamo a bighellonare in spiaggia accanto ai nostri due kayak, controllando costantemente le previsioni meteo ed aspettando che arrivi la sera. Con il calar del sole rimontiamo la tenda e ci addormentiamo prima ancora che diventi buio.
Mauro bisbiglia sul cuscino che non è affatto male vivere una vita da galline, come quella che stiamo vivendo noi in questi ultimi giorni di viaggio: andare a letto col primo buio e svegliarsi col primo sole…
Venerdì 3 settembre 2021 – 48° giorno di viaggio
Capo Colonna – Crotone nord: 21 km
Sereno variabile – vento in attenuazione
Non sono neanche le sette del mattino e noi siamo già operativi.
Coi nostri soliti tempi lenti, alle otto facciamo colazione e fino alle nove chiacchieriamo tra noi, sistemiamo i gavoni, rabbocchiamo d’acqua le poche bottiglie vuote e ci prepariamo ad una nuova giornata di navigazione. Quando siamo quasi pronti, ecco giungere dal mare una gradita sorpresa: i primissimi partecipanti giunti al raduno Calabriantour 2021 si affacciano in kayak alla nostra piccola e bella baietta. Hanno intenzione di doppiare Capo Colonna e siamo molto contenti che i loro tempi e programmi coincidano così bene con i nostri.
Ci muoviamo tutti insieme dopo le irrinunciabili foto di rito ed in poco tempo il mare blu del capo si colora delle vivaci tonalità dei nostri otto kayak. Sul capo c’è ancora l’onda lunga del mare mosso di ieri e si sentono ancora gli effetti del vento forte che ha soffiato ancora per buona parte della notte. Ma siamo tutti tranquilli e procediamo spediti e compatti oltre il faro, oltre la colonna, oltre la torre e la chiesetta, oltre le onde numerose e ravvicinate che imbiancano le scogliere del promontorio.
Il mare è diventato di un bel colore lattiginoso per via delle correnti che hanno rimestato la sabbia dei fondale ma i colori della giornata sono comunque invitanti, col cielo blu rigato di nuvolette bianche e con i calanchi di arenaria grigia ricoperti di cespugli secchi e dorati.
Navigare in questo mare è molto divertente, un continuo sali scendi tra le onde, con qualche spruzzo prevedibile sui frangenti più corposi, gli ultimi della mattinata perché il vento sta già calando. Tre del gruppo si fermano a prendere il sole sulle spiaggette corte di sabbia rossa, altri tre proseguono con noi fino a Crotone per un caffè al bar. Che presto si tramuta in un pranzo in compagnia consumato ai tavolini di un locale sul lungomare: Artefritto prepara gustosissimi piatti di polpette e arancini di carne, di pesce e di melanzane (le mie preferite!), oltre a ricche insalate servite in ciotole merlate di pane secco. Restiamo a ridere per un paio d’ore ancora, raccontandoci a vicenda varie avventure e disavventura in kayak lungo le coste italiane e mediterranee. E’ sempre molto bello condividere momenti di convivialità non solo con chi vive la stessa passione per il mare ed il kayak ma anche con chi comprende le tante piccole manie per il campeggio nautico.
Poi ci separiamo: arriva il momento dei saluti quando noi due ci alziamo per andare a visitare il Museo Archeologico di Crotone. Fantastico!
E’ stato costruito alle fine degli anni Sessanta per ospitare i numerosi reperti archeologici rinvenuti negli scavi avviati in città e fuori: Crotone sembra una cittadina sorta in un luogo infelice, così stretta tra i calanchi bruciati dal sole e dal fuoco ed un porto sovradimensionato che si è mangiato quasi tutte le spiagge del lungomare. Invece è stato uno dei luoghi prediletti della Magna Grecia, sede della scuola pitagorica e dei giochi olimpici, di culti religiosi, di commerci instancabili e di numerose guerre per occupare queste colline ora cariche di memorie e di reperti storici. Ovunque si sia scavato per costruire nuovi edifici, dal ginnasio all’ospedale alla zona industriale, sono state rinvenute mura, colonne, necropoli, monete e varie preziosità. Tutte o quasi finite nel museo.
Il nuovo allestimento del 2000 guida il visitatore alla scoperta dell’antica Kroton e dei tesori rinvenuti al tempio di Hera Lacinia di Capo Colonna, tra i quali spiccano una misteriosa barchetta nuragica in bronzo ed il meraviglioso diadema in oro offerto alla dea forse da un atleta vincitore. Ma le teche sono ricolme anche di tanti altri tesori, per lo più rinvenuti nel cosiddetto edificio B, emerso accanto al tempio ma leggermente divergente e risalente al VI secolo a.C., con ogni probabilità il primo centro di culto del santuario: “la vasta scelta e la qualità degli oggetti votivi rinvenuti in oro, argento e bronzo attestano in modo evidente l’ampia risonanza e la fama che il santuario di Hera Lacinia aveva nel mondo antico”. Di mirabile fattura il gruppo di bronzetti raffiguranti una Sfinge, una Sirena e una Gorgone, ma anche grandi vasi in bronzo e terracotta, numerosi unguentari di forme e proporzioni molto particolari, e quel che ha più colpito il mio immaginario, una serie di finimenti in bronzo per cavalli che attestano la grande considerazione data all’animale ma anche la grande maestria nella realizzazione di manufatti.
Insomma, esco dal Museo quasi un’ora dopo Mauro, con altre centinaia di foto scattate ed un sorriso largo da un orecchio all’altro. Lui paziente aspetta all’ombra della scalinata di uno dei vicoli della città vecchia, sotto i bastioni della torre difensiva del Castello di Carlo V, molto meno entusiasta di me della visita appena conclusa: è rimasto assai deluso dallo stato di conservazione di molti reperti in ferro che, pur nelle teche, si stanno sfaldando, depositando pezzetti vari intorno ai piedistalli. Presa com’ero dall’ammirare le mille meraviglie esposte, io non mi sono neanche accorta di questo particolare, ma il suo occhio critico non se l’è fatto scappare. Scendendo verso il mare continua a borbottare che di questo passo ben presto non resterà più nulla da mostrare nel museo!
Alle cinque del pomeriggio riprendiamo a pagaiare e superiamo prima la bocca del porto turistico di Crotone e poi la seconda bocca del porto commerciale, da cui avevamo visto uscire in mattinata solo una pilotina rossa diretta alle quattro piattaforme di estrazione del metano che si ergono poco al largo delle città.
Noi puntiamo una delle prime pinete alle spalle delle spiagge che corrono verso nord, ma la prima è di una villa recintata e la seconda è sulla foce di un fiumiciattolo che serpeggia in mare: la terza sembra fare finalmente al caso nostro. Tre grandi cartelli bianchi riportano la scritta “La spiaggia è di tutti: teniamola pulita”. Sbarchiamo. Tiriamo in secca i kayak e subito un custode si avvicina per spiegarci che si tratta di un’altra spiaggia privata: “Adesso la stagione è quasi finita e non c’è più nessuno, ma in estate qui è pieno di gente”. Ci lascia aperti i bagni e le docce, così possiamo fare rifornimento d’acqua molto facilmente. Noi l’abbiamo scelta per la bella distesa di acacie saline, come lui ci dice viene chiamata questa varietà dalle foglie oblunghe di un bel verde brillante e dai lunghi semi a baccello di un marrone intenso: è ormai diventata la nostra pianta preferita in questo viaggio estivo, coi suoi rami frondosi che risuonano nel vento, che proteggono dal sole e che ricadono dolcemente verso il basso. I fusti non sono mai troppo alti, ma abbastanza forti da ospitare una tenda.
Pochi euro per la notte ed il posto è tutto nostro!
Sabato 4 settembre 2021 – 49° giorno di viaggio
Crotone nord – Strongoli Marina: 19 km
Nuvoloso tendente al sereno – mare increspato dal vento contrario
Per la prima volta avvertiamo l’arrivo del fresco!
L’alba ci raggiunge dietro una corona di nuvole cariche di pioggia che per fortuna scaricano il loro contenuto in alto mare. Noi ci godiamo la spiaggia privata tutta per noi per buona parte del primo mattino ed ammiriamo la cura che il proprietario rivolge ad ogni singola acacia, preparando il terreno col concime adatto all’arrivo delle prime piogge.
Salutiamo ricambiati i loro saluti e quasi ci dispiace lasciare questo campo, uno dei più belli dell’intero viaggio, uno dei più silenziosi e tranquilli ora che la stagione sta ormai volgendo al termine.
Ci lasciamo chiamare dai bagliori del mare increspato dal vento.
Proseguiamo lenti la nostra navigazione verso nord, rallentati ora dalla brezza contraria che diventa via via sempre più insistente. Le previsioni annunciavano un cambio nella direzione del vento, che già verso le undici del mattino avrebbe dovuto girare verso est e poi persino verso sud, offrendoci in tal caso una buona spinta per risalire la costa. Invece è già passato mezzogiorno e la brezza tesa continua ad essere contraria!
Passiamo una punta bassa e sabbiosa sormontata da una fitta pineta e poco oltre scorgiamo un boschetto di eucaliptus che sembra essere perfetto per ospitarci per il pranzo. Mauro si addentra nei campi coltivati al di là dello sterrato che costeggia un torrentello ricolmo di canne e torna con una bella anguria, scartata dalla raccolta stagionale e rimasta tra altre decine a marcire sul terreno: ancora zuccherina e succosa, è perfetta come merenda.
Riprendiamo un po’ controvoglia a pagaiare nel vento contrario e ci lasciamo distrarre dalle decine di grandissime meduse trasparenti che incontriamo lungo la costa: nell’acqua verde e cristallina il loro gonnellino violaceo risalta più del solito e ci stupiscono le dimensioni davvero notevoli di molti esemplari di questa bellissima specie. Ogni tanto, insieme alle Rizosthoma Pulmo, incrociamo anche qualche raro esemplare di medusa “occhio di bue”, quelle di color marrone con la testa più scura ed i tentacoli corti che a me fanno sempre pensare ai pallini dei gonnellini greci. Le meduse rappresentano la nostra unica fonte di distrazione del pomeriggio.
Fino a quando non avvistiamo il nostro supermercato, una costruzione tondeggiante alle porte di Cirò Marina: siamo rimasti senza frutta e verdura e per una volta ci concediamo anche del pane fresco. Ed una vaschetta piccola di gelato al pistacchio, da dividere a cucchiaiate sulla scalette del retro, affacciati sul mare.
Pagaiamo ancora per un’oretta soltanto, giusto il tempo di uscire dal paese: troviamo ospitalità davanti ai ruderi di una delle ultime villette sul mare, proprio accanto ad una bella casa bianca circondata da un giardino lussureggiante da cui esce una coppia che si apprestava alla passeggiata serale in riva al mare. Viene invece decisa verso di noi per aiutarci a tirare in secca i kayak e per chiederci se abbiamo bisogno di qualcosa. “Ma davvero arrivate da Latina in kayak? Non ci credo: quindi avete anche passato lo Stretto di Messina! Ma davvero?” Continua a ripetere e a sorridere attonita la signora simpatica. Torna poco dopo con un’anguria gigante: “sono le ultime di stagione, spero sia ancora buona!”
Stavolta ci addormentiamo un po’ più tardi del solito: alle nove in punto!
Domenica 5 settembre 2021 – 50° giorno di viaggio
Strongoli Marina – Punta Alice: 21 km
Nuvoloso e piovoso – vento contrario e mare increspato
Ci svegliamo in un dipinto di William Turner.
Le nuvole corrono veloci in un cielo carico di pioggia, scuro e nero da farci passare la voglia di uscire dalla tenda. Invece poi il vento fa diradare la coltre scura che avvolge l’alba e il primo mattino brilla d’oro e d’argento.
Sulla spiaggia passa un pescatore. E subito si ferma a chiacchierare.
Ha appena trovato una rete contenente cinque boe nere che aveva perso oltre venti giorni fa durante una battuta di pesca al largo di questi lidi. E’ sorpreso lui stesso, nonostante l’esperienza, di come il mare tolga e restituisca. E ci chiede del nostro viaggio. E ci racconta delle sue uscite a pesca, della barca al porto di Crotone, della costa calabrese e dei calabresi. E’ una chiacchierata di quelle che non vorresti finissero mai, ricca di aneddoti e segreti e piccole grandi verità. I suoi occhi si illuminano quando parla dei pesci e delle esche e deve essere una luce simile che lui scorge nei nostri occhi, perché continua a ripetere che ci deve volere tante passione per un viaggio così lungo con “barchette così piccole”. Ci saluta troppo presto: “Non ho viaggiato così tanto, ma un mare così bello e pescoso come questo non ce n’è!”.
Ci bastano poche pagaiate per raggiungere l’agglomerato di Torre Melissa: il paesino marinaro corre lungo e stretto tra la costa e la ferrovia e prende il nome dalla bella torre in pietra a base esagonale e a sommità circolare, con contrafforti e merli che si erge proprio sugli ultimi rilievi collinari affacciati sul mare.
Non è molto distante da Cirò Marina, separata da un tratto di litorale un po’ più maltrattato del solito, con case evidentemente abusive davanti a vigneti ben coltivati e con fiumiciattoli in secca sormontati da strane condutture volanti. Anche Cirò Marina non è proprio una meraviglia, vista dal mare, con un albergo a cinque piani e delle strane torrette che chiudono le scale esterne, con un grande stabilimento balneare a scaloni e delle grandi tensostrutture per l’ombra e con un piccolo porto turistico la cui diga foranea è protetta da un’altissima barriera di “ancorapodi”, massi di cemento dalla stranissima forma di ancore bifronti: ci sembra troppo alta per un porto così piccolo ma forse il mare ha imposto la sua.
Dopo una breve pausa pranzo, in cui consumiamo la prima metà dell’anguria regalataci dalla signora simpatica, riprendiamo a pagaiare tra le meduse. Che però oggi non rappresentano l’unica nostra distrazione perché il panorama si fa più interessante via via che usciamo da Cirò Marina. Superiamo prima la bocca di porto, che ha la luce rossa miseramente accasciata sulla massicciata, e poi velocemente uno scarico maleodorante alle porte della cittadina. Prima ancora di doppiare la lunghissima lingua sabbiosa di Punta Alice, sormontata da un bel faro bianco, avvistiamo una lunga pineta profumata che incorona una bella spiaggia di sabbia bianca e fine che corre bassa e lineare e deserta fino all’orizzonte. Punta Alice è infatti talmente pronunciata che, costeggiando come facciamo a pochi metri dalla battigia, per risentire meno del vento che va rinforzando, non vediamo nient’altro che mare fino alla punta. E sulla punta incappiamo in una bella corrente contraria che disegna in mare un arco ampio e spumeggiante di frangentini che si rincorrono dispettosi e nervosetti. E’ una vera e propria corrente di marea, una tidal races ionica che ci sorprende e ci diverte. Per una buona mezz’ora cavalchiamo questa piccola scia di mare imbiancata da onde irregolari che movimentano un po’ il pomeriggio passato a pagaiare controvento.
Anche oggi, infatti, le previsioni davano vento a favore, mentre invece è stato quasi sempre contrario. Ora che la nostra rotta cambia di quasi 90 gradi, il vento ci arriva al traverso e ci accompagna fino al campo.
Sbarchiamo in una spiaggia anonima appena tre chilometri oltre Punta Alice, poco dopo una bruttissima struttura industriale con tanto di silos in cemento ed in ferro arrugginito, che Mauro scopre essere stato un deposito di sali dell’ENI, e quasi sotto una bella costruzione in pietra che dalla mappa sappiamo essere il Mercato Saraceno.
Per oggi può bastare.
Lunedì 6 settembre 2021 – 51° giorno di viaggio
Punta Alice – Punta Alice: 0 km
Nuvoloso e piovoso – vento contrario e mare increspato
La notte più tribolata del viaggio!
Ormai abbiamo capito che guardare le previsioni non aiuta.
Almeno in questo tratto di costa ionica. Forse perché è proprio al confine tra due settori meteorologici. Sta di fatto che ieri sera il tramonto infuocato, che pure siamo saliti sulla duna per goderci in tutto il suo spettacolare splendore, non annunciava certo bel tempo ma piuttosto, come avevamo già stabilito nei nostri lunghi viaggi greci, stava a significare che “rosso di sera, ti aspetta una bufera!”
E infatti la notte è tutta una infilata di vento forte, pioggia battente e raffiche che puliscono il cielo e che poi riportano altre nuvole, e poi ancora pioggia e ancora vento e soprattutto sonno intermittente e disturbato. Avevo dimenticato quanto è faticoso riuscire ad addormentarsi col rumore martellante del telo esterno sbatacchiato dal vento oppure col suono pesante dei goccioloni di pioggia che cadono sulla tenda. Alle quattro del mattino, quando tra le nuvole si intravede la costellazione di Orione ed un primo leggero bagliore rossastro si annuncia lontano all’orizzonte, mi tocca uscire dalla tenda per sistemare i picchetti e per rimboccare le ali paravento sotto una bel cumuletto di sabbia bagnata. Mi risveglio col sole ormai alto quando sono passate le nove del mattino.
Mauro si è già fatto la barba e si è sistemato a fare colazione ai piedi della duna, al riparo dal vento più forte. Lo raggiungo con gli occhi ancora socchiusi e mi siedo accanto a lui per mangiare qualcosa. Mi dice di aver dormito poco anche lui, col sesto materassino del viaggio che si è bucato!
Non sappiamo cosa fare: il mare è grosso, le onde frangono a riva con grandi riccioli spumeggianti, il vento non accenna a calare. Di solito, a quest’ora, e con tutti i nostri tempi ultra-lenti, siamo già all’opera per smontare il campo: mentre Mauro si rade, io ripongo i sacchi a pelo nelle loro sacche, poi sgonfio e ripiego i materassini, libero la tenda dalle nostre varie cianfrusaglie, slego il sovra telo per metterlo ad asciugare, smonto il sottotenda ed i paletti e sistemo tutto nei rispettivi sacchetti. Il carico è equamente diviso tra i due kayak ma mente io sistemo tutto l’attrezzatura da campeggio nel gavone di prua, Mauro ha scelto di redistribuire le cose tra quello anteriore e quello posteriore. Quindi prima di metter via ogni cosa, lui deve finire di fare colazione, mentre io prima infilo tutto in kayak e poi tiro fuori ovomaltina e muesli.
Alla fine dei giochi, però, siamo sempre pronti quasi nello stesso momento. E soprattutto, siamo sempre pronti alla sera per rifare lo stesso gioco all’inverso: tiriamo fuori tutto l’occorrente per ricominciare ancora un’altra volta. Per prima cosa Mauro si asciuga e si occupa di tutta l'attrezzatura elettronica, mentre io scatto le foto del campo; poi Mauro spiana il posto prescelto per montare la tenda con l’aiuto dell’immancabile “caterpillar”, il nostro fidato legno per i “lavori edili” che portiamo ormai in tutti i nostri viaggi; infine, io monto la tenda e preparo materassini e sacchi a pelo mentre Mauro cucina la cena, di solito cous-cous o riso con sughi pronti oppure minestrone di verdure con pastina. Siamo un po’ carenti nei dolci, in questo viaggio, e nei liquorini post-prandiali, ma abbiamo frutta fresca a volontà. Di solito, siccome per cucinare ci vuole più tempo che per montare il campo, capita spesso che io riesca a sedermi vicino al cuoco e a trovare il tempo di aggiornare il diario di viaggio.
Ogni giorno questo è un rito che si ripete quasi sempre uguale, in un luogo sempre diverso ma più o meno la sequenza è sempre la stessa, salvo alcune piccole variazioni di poco rilievo. E’ come un esercizio zen, un’attività ripetitiva ma coinvolgente che rilassa la mente ed il corpo. Uno dei momenti più intensi del viaggio, che permette di ripensare alla giornata, di apprezzare il posto in cui si è arrivati, di guardarsi attorno e scoprire piccoli tesori sulla spiaggia o sotto la pineta. E’ una parte essenziale del viaggio che pur ripetitiva e costante è una delle nostre preferite.
Oggi invece non facciamo niente di tutto questo. Oggi è un giorno sballato. La pioggia della notte ed il vento del giorno non solo ci costringono a terra ma ci impongono anche un ritmo completamente differente. Niente smontaggio del campo, per cominciare. Niente rimontaggio, per finire, visto che il vento soffia forte fino alle quattro del pomeriggio e alle cinque ricomincia pure a piovere. Anche i pasti sono tutti scambiati: pranziamo due volte, a mezzogiorno e alle tre del pomeriggio, visto che ci torna una fame viola che ci fa riaprire la cambusa; poi ceniamo prima del solito, alle sei e mezza, quando gli altri giorni ci apprestiamo a sbarcare.
Il resto della giornata trascorre lento e silenzioso: noi due soli su questa lunga spiaggia deserta ed anonima, solo una gran quantità di grilli salterini che si mimetizzano tra la rena e le canne spiaggiate e si palesano solo quando facciamo qualche passo in qua o in là. Nell’unica passeggiata del mattino abbiamo però incontrato anche un piccolo esemplare di biscia d’acqua, con una bella macchia nera sulla testolina triangolare e con una livrea cinerina che si mimetizza perfettamente sulla battigia. Poi Mauro trova ben quattro palloni arancioni, io sette palline colorate, due palette ed una formina di plastica a forma di stella blu. E questo è tutto.
Per il resto della giornata ci godiamo il dolce far niente.
Osserviamo le nuvole, le onde, il passaggio del mono-treno.
Fino al calar della sera. La tenda è già lì, montata nello stesso posto, tirantata tra i due kayak, con tutto già sistemato al suo interno. Ci infiliamo dentro che c’è ancora luce, ma la sera diventa subito fresca ed il sonno oggi è più meritato del solito, anche se non abbiamo pagaiato.
Siamo entrati nell’ultima settima del nostro lungo viaggio estivo e domani speriamo di poter riprendere ad avanzare verso la nostra meta finale: Sibari.
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