Sabato 28 agosto 2021 – 42° giorno di viaggio
Sant’Andrea Ionio Marina – Catanzaro Lido: 30 km
Variabile e nuvoloso – vento da ovest e mare mosso
Al nostro risveglio il mare è già increspato dai primi frangenti di una brezza che corre lungo la costa e che va proprio nella nostra stessa direzione. Le prime miglia navighiamo gratis, senza alcuna fatica.
L’arrivo a Soverato, una ridente cittadina sul primo promontorio roccioso che incontriamo dalla lontana Scilla, è nell’ora di punta del pranzo estivo. Molti bagnanti sono ancora in acqua ma la “minestrina” di testoline si allunga solo lungo la riva, a pochi metri dalla battigia: le boe che segnalano le acque sicure, infatti, sono posizionate giusto un paio di metri al largo, non di più, perché subito oltre il mare sprofonda in un blu intenso e quasi minaccioso.
Il vento in questa ansa di paese non si avverte quasi più.
Tiriamo i kayak sulla spiaggia tra i gozzi dei pescatori che sonnecchiano sulle due sponde di un fiumiciattolo in secca: il cartello avverte di lasciare libero il passaggio per le barche che devono essere issate con l’argano comune e noi diligenti ci sistemiamo accanto al pattino rosso del salvataggio dello stabilimento limitrofo.
Scendiamo a terra per fare acquisti: abbiamo bisogno di fare il pieno di acqua, di frutta, di pane secco e di altre varie leccornie che di solito stiviamo in cambusa. Usiamo la tecnologia anche questa volta, come per la visita di ieri al museo archeologico: sulla mappa si può scegliere di visualizzare i negozi alimentari della zona, così arriviamo a colpo sicuro a quello più vicino al nostro punto di sbarco (che a dire il vero avevamo già scelto in funzione della distanza dal market!).
La tecnologia non ci aiuta, invece, a trovare un locale aperto per pranzo. Anche quello che sembra un bistrot aperto a tutte le ore, in realtà di bistrot ha preso soltanto il nome: non sono neanche le due del pomeriggio e sta già chiudendo gli ombrelloni aperti sulla strada pedonale. Soverato sembra una di quelle cittadine che si risvegliano al tramonto e che si riempiono alla sera, quando i turisti tornano dal mare e si apprestano ad occupare i tavolini dei locali notturni. Peccato anche per l’assenza di una fontanella pubblica: anche a cercarla su google, la più vicina appare in alta montagna ad oltre 60 km dalla nostra sosta. Ci accontentiamo di un panino alla mortadella sulla panchina all’ombra di un ficus gigante lungo la strada litoranea.
Quando il vento riprende a crescere, noi ci rimettiamo in mare.
Dovremmo costeggiare ed invece tagliamo al largo l’intero golfo.
Sarebbe stato forse il caso di pagaiare vicino alla costa per ammirare gli altri promontori rocciosi che si allungano oltre Soverato e che racchiudono piccoli angoli di sicuro interesse, come Caminia e Copanello, piccoli borghi marinari ora molto affollati tra i quali si aprono scogliere ricche di cavità naturali, come le Vasche di Cassiodoro. Le conosciamo solo per avere visto delle foto scattate dall’alto della parete rocciosa, con quel mare cristallino che invita a lunghi bagni rinfrescanti.
Avremmo dovuto fermarci per apprezzare questi veri e propri promontori rocciosi, i primi che incontriamo da quando siamo entrati nel Mar Ionio.
Eppure, il mare chiama. E quando il mare chiama, noi non sappiamo resistere.
Il vento forte da ovest si incanala nel lungo vallone proprio alle spalle di Soverato e raggiunge il mare con raffiche costanti che imbiancano il golfo.
Ci ricorda i nostri viaggi nelle ventose isole greche e senza neanche il minimo tentennamento ci infiliamo lì dentro a prendere schizzi e schiaffi, felici come due bambini al luna park.
Per tre ore filate non pronunciamo parola, ci scambiamo solo qualche sguardo d’intesa, correggiamo ogni tanto la rotta e proseguiamo filanti verso la nostra meta. E pazienza per la costa.
Al largo le onde non si alzano molto perché il vento come al solito le appiattisce, ma sono comunque sufficienti a coprire il ponte dei Voyager oppure a sbattere sulla prua alzando dei bei ventagli d’acqua tra i quali appaiono ogni tanto dei piccoli arcobaleni. Guardiamo solo le onde. Perdiamo lo sguardo in quel blu intenso e per tutto il pomeriggio non facciamo altro che rincorrere l’acqua che sale e che scende. Entriamo in una specie di equilibrio zen, viviamo il qui ed ora: o come spesso mi trovo a ripetere, respiriamo il respiro del mare. E tanto basta a renderci felici. Per qualche ora almeno.
Superiamo d’infilata anche Squillace e Catanzaro Lido, compresa la sequenza di strani lidi attrezzati che punteggiano le lunghe spiagge sabbiose di questa zona: la schiera di ombrelloni è racchiusa dentro il perimetro di alte staccionate in legno, dipinte dei colori dei diversi stabilimenti, e tra una muraglia e l’altra si apre giusto lo spazio per l’accesso libero al mare. E’ uno spettacolo che visto dal mare, appunto, lascia un po’ interdetti e che ci fa pensare che chi prende il sole in quei bagni sceglie anche di chiudersi dentro un recinto sui tre lati di terra, come a voler guardare soltanto il mare. Sono i primi lidi recintati che vediamo in tutti i nostri viaggi!
Noi puntiamo diretti verso la prima pineta oltre il porto di Catanzaro, il nostro cinquantesimo porto di questo viaggio estivo in kayak.
Sbarchiamo quando oramai il sole è tramontato dietro le nuvole bianche e montiamo la tenda poco prima che scenda l’oscurità. Siamo i primi a camminare su questa spiaggia: per trovare Mauro che mi ha preceduta in pineta non devo fare altro che seguire le sue impronte sulla sabbia.
Ceniamo con gli ultimi due panini al prosciutto avanzati dalla pausa pranzo e ci sdraiamo, stanchi e soddisfatti, che non sono neanche suonate le nove di sera.
L’unico contrattempo è il suono intermittente di un assiolo appollaiato proprio sulle nostre teste, tanto che Mauro è costretto a mettersi i tappi per le orecchie per non farsi rovinare il sonno dal verso penetrante dell’uccello-sonar.
Poi in verità ci si mette anche la pioggia, a svegliarci nel cuore della notte: cade a scrosci e fa in tempo a bagnare sacchi a pelo e materassini perché noi imperterriti continuiamo a credere di essere ancora in piena estate e ci ostiniamo a lasciare il sovra-telo nel gavone di poppa del kayak di Mauro. Che deve togliersi i tappi e correre a prenderlo: e, come sempre e come al solito, anche stavolta non appena lui finisce di sistemarlo, la pioggia smette di bagnare il nostro sonno!
Domenica 29 agosto 2021 – 43° giorno di viaggio
Catanzaro Lido - Catanzaro Lido: 0 km
Nuvoloso e ventoso – la pineta è un’oasi di pace!
Giornata di terra!
Salvatore viene a portarci la colazione in tenda verso le otto del mattino.
E’ un nostro amico di kayak di Catanzaro con cui da tempo eravamo in contatto telefonico: cercavamo un modo per incontrarci ma temevamo di aver perso l’occasione quando ieri ci siamo infilati nel vento ed abbiamo superato il porto di Catanzaro, dove lui ed un suo amico hanno trovato un rimessaggio per i loro kayak. Speravamo comunque di poterlo rivedere e lui stamattina ci fa la doppia sorpresa di raggiungerci al nostro campo e di portarci anche due buste di cornetti caldi. E un thermos di caffellatte bollente!
Chiacchieriamo sotto la nostra acacia prediletta finché non riprende a piovere. Distratti dalla compagnia non abbiamo tirantato la tenda né adattato il telo per l’ombra a telo antipioggia e ci ritroviamo a fare tutto in fretta e furia per evitare di inzupparci un’altra volta. E di far inzuppare il nostro ospite prediletto. Con cui continuiamo a chiacchierare amabilmente anche sotto il primo vero temporale estivo, e poi ancora durante una breve visita guidata ad un vicino tempietto dedicato alla Madonnina della Pineta, “luogo di preghiera e raccoglimento di un devoto visionario locale”, come ci aveva già scritto la sera prima, quando noi eravamo ormai caduti tra le braccia di Morfeo.
Con Salvatore prendiamo accordi per rivederci l’indomani.
Intanto noi restiamo a goderci la pace della pineta.
Qui tutto tace, anche se il vento smuove le onde che dal largo vengono a rumoreggiare sulla battigia davanti ai nostri due kayak. La tenda però è sotto la prima acacia del bosco, oltre la foce di un fiume che ha scavato la spiaggia, e accanto ad una serie di pascoli battuti da greggi di pecore accompagnate da cani pastore diffidenti e distanti.
Quando finalmente il sole decide di fare capolino tra i nuvoloni ancora numerosi e paffuti, ma adesso di un bel bianco panna non più presagio di pioggia, noi mettiamo ogni cosa ad asciugare su un grande cespuglio che sembra proprio prestarsi volentieri per aiutarci a stendere il bucato.
E la giornata trascorre lenta e silenziosa tra grilli salterini, lucertole affamate, libellule curiose ed un airone in volo tra le cime degli eucaliptus poco lontani. In spiaggia non arriva quasi nessuno e io posso dilettarmi nel mio passatempo preferito: impilare sassi e creare manine colorate. Oggi trovo dei ciottoli rossastri con inserti verdi e penso che se anche fosse criptonite me ne vorrei portare a casa un bancale intero!
Poi il vento cala e anche le nuvole si diradano.
Le temperature sono scese a 24 gradi e si capisce che ormai l’estate sta finendo anche in queste ultimi propaggini di costa italiana.
Noi programmiamo le prossime tappe giornaliere ed aspettiamo che scenda la notte e riprenda il verso intermittente dell’uccello sonar, come ormai chiamiamo affettuosamente l’assiolo di questa pineta!
Lunedì 30 agosto 2021 – 44° giorno di viaggio
Catanzaro Lido - Praialonga: 34 km
Sereno variabile – vento da ovest al traverso
Salvatore e Gerardo arrivano puntuali alle nove del mattino.
Noi abbiamo messo la sveglia alle sette per rispettare l’appuntamento e siamo quasi pronti, ci manca solo di sistemare ogni cosa nei gavoni.
Tra una chiacchiera, un sorso di caffellatte ed una curiosità sui kayak, ci imbarchiamo comunque dopo le dieci.
I due ospiti ci scortano per qualche chilometro oltre il confine tra Catanzaro e Crotone e ci raccontano alcune cose sui lidi attrezzati, sulle ville che sorgono sui terreni retrostanti e sulla stazione di raccolta dati di una ex base Nato che incrociamo poco dopo. Poi arriva anche per loro il momento dei saluti e dopo la foto di ordinanza le nostre rotte si separano.
Questo litorale è molto simile ai precedenti: lunghissime spiagge di sabbia bianca e fine, pochi stabilimenti balneari per lo più silenziosi e pochissimi ombrelloni sparsi; tante invece le foci dei fiumi che solcano prima la pianura coltivata e poi la duna sabbiosa, per giungere al mare dopo qualche ansa che spesso finisce in un pantano prima ancora di toccare l’acqua salata. Ci colpisce molto il fatto che pur così larghe e lunghe e accoglienti, queste spiagge siano così poco frequentate da turisti e da locali. Solo di tanto in tanto ritroviamo i famosi gazebo fissi con qualche sdraio di contorno. Sarebbero invece delle perfette località balneari, fuori dalle rotte turistiche più battute, dove non c’è mai la difficoltà di trovare un parcheggio per l’auto, magari anche all’ombra delle numerose pinete, e soprattutto dove non si accalcano ombrelloni ed asciugami in pochi metri quadrati di sabbia. Eppure qui non c’è nessuno.
Dopo una pausa veloce per il pranzo, continuiamo la nostra pagaiata col vento al traverso che diventa più intenso man mano che trascorrono le ore pomeridiane. Capiamo bene il motivo per cui sono state installate nella zona una sessantina di piccole pale eoliche, che rappresentano il nostro panorama fino a sera.
Scegliamo di passare la notte nella spiaggia di Praialonga.
Troviamo posto per i kayak tra gli ombrelloni sparsi che vengono lasciati piantati anche di notte e per la tenda sotto una delle nostre acacie preferite. Ceniamo sul gavone di prua del kayak di Mauro con la teglia di pasta pasticciata preparata dalla moglie di Salvatore. Proprio quando stiamo per metterci a dormire passa a trovarci anche Piergiorgio, l’organizzatore del raduno che si svolgerà tra qualche giorno proprio in questa zona. E’ passato per l’ultimo sopralluogo e voleva conoscerci di persona. E’ stata una chiacchierata molto piacevole con cui abbiamo chiuso una giornata piena di nuove conoscenze.
Martedì 31 agosto 2021 – 45° giorno di viaggio
Praialonga – Capo Rizzuto: 18 km
Sereno – vento contrario in attenuazione
La notte è stata lunga e silenziosa, nonostante anche in questa pineta viva un assiolo che nelle prime ore notturne ha provato a lanciare i suoi versi penetranti, ma poi deve essere stato spaventato dal russare di Mauro e si è allontanato.
La mattina è lenta e pigra, come piace a noi. Facciamo colazione con i cornetti ripieni che ieri ci ha portato Salvatore.
Il vento si alza in ritardo e ci lascia tutto il tempo per farci uno schampoo nelle acque basse, calde e limpide della baietta di Praialonga: erano ormai più di tre settimane che non avevamo il tempo ed il modo di lavarci i capelli e con tutto il vento preso in navigazione negli ultimi giorni erano ormai diventati un blocco di sale. Difficili persino da districare.
Coi capelli al vento riprendiamo a pagaiare.
Per soli tre chilometri, fino al promontorio roccioso di Le Castella.
Ci sono una serie di calette incastonate nella scogliera rossastra e ne scegliamo una piccola e deserta per consumare il nostro pranzo.
Sappiamo che oltre il capo si accalcano una serie di alberghi e ristoranti e preferiamo restare ancora per un po’ da soli su questo versante ridossato dal vento. Il castello aragonese che sorge sulla piccola isola di Le Castella, ora collegata alla terraferma da uno stretto istmo, costituisce una forte attrazione turistica: peccato che il martedì sia proprio il giorno di chiusura settimanale, ma abbiamo comunque la fortuna di poterlo osservare da ogni lato aperto sul mare, e di apprezzare la sua torre fortificata e merlata e le tante stanze sormontate da una passerella in legno per le visite guidate. E’ un peccato che sia così circondato da costruzioni moderne: non sappiamo dire se le foto che abbiamo scattato dal mare ritraggono le sole mura fortificate del castello oppure anche le “terrazze fantasia” delle moderne abitazioni di Le Castella.
Poco oltre si apre anche un doppio porticciolo turistico e tutto il golfo interno fino a Capo Rizzuto è costellato di altre strutture alberghiere. Sormontate a loro volta da una fitta serie di pale eoliche. Le spiagge sono tutte attrezzate con ombrelloni, pedalò e sit-on-top perché l’altra grande attrazione del luogo è la sabbia, rossa e fine come noi ne abbiamo trovata solo a Cefalonia.
Facciamo un’altra breve sosta ai piedi dell’agglomerato di Capo Rizzuto, notando che il vecchio faro è ormai soffocato dalle altre costruzioni, così fitte da nascondere anche la torre di avvistamento eretta sulla bassa scogliera di pietra rossastra.
Gli scogli sembrano lavorati all’uncinetto, così carichi di fori e cavità da renderli simili a dei centrini giganti: sono tutti così friabili che presto diventeranno a loro volta sabbia rossa.
Tra le scogliere si notano altri imponenti calanchi bianchi che risaltano ancor di più sulle spiagge di colore rosso. Anche questo contrasto ci ricorda tanto una località a sud di Cefalonia che noi abbiamo sempre chiamato “La luna” perché la sabbia era finissima e di una tonalità cangiante tra il grigio delle pareti dilavate ed il ramato della spiaggia farinosa.
Cerchiamo un luogo per la notte, anche se le spiagge oltre Capo Rizzuto sono tutte talmente strette, così incastonate sotto le pareti dei calanchi, da farci temere di non poter accogliere i quasi sei metri di lunghezza dei nostri kayak. Ogni tanto sono state create delle piccole barriere frangiflutti con le stesse rocce ramate lavorate all’uncinetto e la sabbia sembra essersi raccolta intorno a questi strani uncini rocciosi. Dopo qualche tentativo andato male, scoviamo una spiaggia più profonda delle altre che sembra anche più rossa delle altre.
Sbarchiamo tra l’incredulità degli ultimi bagnanti e sotto i loro sguardi incuriositi montiamo la tenda ancor prima che arrivi la notte. Il sole è già calato da un pezzo ed il venticello gentile della sera ci fa provare qualche brivido di freddo. Ceniamo in fretta e subito ci stendiamo a dormire, degnando appena di uno sguardo fugace il cielo stellato sopra di noi: la notte sarà breve perché stavolta siamo proprio rivolti verso est ed il primo sole ci entrerà dritto negli occhi!
Mercoledì 1 settembre 2021 – 46° giorno di viaggio
Capo Rizzuto – Capo Colonna: 16 km
Nuvoloso e ventoso
E infatti ci svegliamo alle sei!
Alle sette abbiamo già smontato il campo, ma alle otto andiamo a prendere una crema di caffè al bar del campeggio. Perché abbiamo appena scoperto di aver dormito nella spiaggia del campeggio! Alle nove siamo ancora lì che controlliamo le previsioni meteorologiche e che facciamo e disfiamo i programmi per i prossimi due giorni di navigazione. Oggi il vento contrario è ancora gestibile, sui venti nodi fino alle cinque del pomeriggio. Domani invece tutti i nostri siti di riferimento danno un aumento del vento da nord-est con raffiche fino a 30 nodi (F7 della scala Beaufort) e non se ne parla proprio di passare Capo Colonna in quelle condizioni! Potremmo decidere di doppiarlo oggi, ma poi domani ci troveremmo alla periferia della città di Crotone, sulla costa esposta al vento, e la nostra povera tendina potrebbe risentire delle folate notturne. Incerti sul da fare, decidiamo di lasciar decidere al mare.
Ci imbarchiamo alle undici, dopo aver risposto a talmente tante domande dei vicini di ombrellone che sembra quasi un’intervista giornalistica, per quanto sono articolate e pertinenti le curiosità dei cinque amici sul nostro viaggio estivo in kayak. Tutti si rammaricano molto quando spieghiamo che è il viaggio meno bello tra i tanti fatti negli ultimi venti anni, lungo coste poco interessanti e su acque che per troppi chilometri abbiamo trovato sporche ed inquinate, fino ad oltre Reggio Calabria. Solo la costa ionica calabrese si salva perché abbiamo pagaiato sempre in acque limpide e pulite, ma purtroppo perde punti per i continui incendi che rileviamo nell’entroterra. Anche oggi, come ieri, e persino verso la Riserva Naturale di Capo Colonna.
E il mare decide per noi.
Il vento è molto forte anche se ci schiacchiamo sotto le scogliere rossastre e proviamo ad usare la nostra solita strategia di “scogliettare”, di restare cioè molto vicini alla costa per sfruttare le onde di ritorno; in realtà, non possiamo neanche stare troppo ridossati perché diversi scogli semisommersi, che creano anche secche numerose ed estese, ci costringono a stare un po’ più al largo. Adottiamo allora una tecnica differente ma altrettanto divertente: la fila indiana. La mia prua attaccata alla poppa di Mauro, che così mi offre la scia e mi permette di non fare quasi nessun fatica. Come usavano i vecchi cacciatori Inuit quando uscivano in kayak per la pesca alla foca o al narvalo e si davano il cambio in caso di vento forte e contrario. E’ una tecnica che funziona sempre e che fa risparmiare un sacco di energie!
Pagaiamo controvento fino alle quattro del pomeriggio. E avanziamo ad appena 2 km orari, contro i 5-6 delle nostre abituali velocità di crociera. E quando raggiungiamo la spiaggetta protetta oltre Torre Scifo, poco prima di Capo Colonna, troviamo il nostro piccolo angolo di paradiso. Per oggi e anche per domani. Visto che subito i nuovi vicini di ombrellone ci dicono che in cima alla strada di accesso alla spiaggia c’è una pizzeria. Per noi che sogniamo di mangiare una pizza da più di un mese è la notizia che scioglie ogni dubbio: montiamo il campo, pubblichiamo il diario sul blog e ci vestiamo da sera per andare a cena fuori!
Nessun commento:
Posta un commento
Solo gli utenti con account Google possono inserire commenti. Grazie.